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lunedì 13 gennaio 2014

CARMINE GALANTE "Lilo"

carmine galante


Carmine Galante 
nasce nel 1910 a New York, nell'East Harlem, da una famiglia di siciliani provenienti da Castellammare del Golfo, dove il padre Vincenzo fu un pescatore. Fin da ragazzino mostra il suo carattere irascibile, tanto da venire inviato in riformatorio all'età di dieci anni. Si inserisce nel mondo della criminalità organizzata nell'era del proibizionismo, prima ancora di compiere vent'anni diventa già un associato alla mafia di New York. Nel 1930 mentre tenta di dirottare un camion viene sorpreso dall'ufficiale di polizia Meenahan, ne scaturisce una sparatoria in cui Galante ferisce sia il poliziotto sia una bambina di 6 anni, entrambi sopravviveranno ma Galante verrà condannato a 12 anni e 6 mesi di reclusione.

Carriera nella mafia
Uscito dal carcere nel 1939, negli anni quaranta commette alcuni omicidi su ordine di Vito Genovese Si sospetta che fu proprio Galante nel 1943 ad uccidere a New York Carlo Tresca, l'editore italiano anarchico esiliato da Benito Mussolini. Genovese, che durante la Seconda guerra mondiale si trovava in Italia, con l'eliminazione di Tresca, fermo oppositore del dittatore, voleva attirare i favori di Mussolini.
Grazie alle connessioni dei suoi parenti castellammaresi negli anni '40 viene reclutato dalla famiglia Bonanno, il cui boss era appunto Joe Bonanno, originario anch'egli di Castellamare del Golfo. "Lilo" diviene ben presto guardaspalle e uomo di fiducia del boss, la sua scalata all'interno della gerarchia della famiglia è impressionante, viene prima eletto capodecina, poi, intorno ai quarant'anni, diviene consigliere della famiglia, diventando di fatto il braccio destro di Joe Bonanno.
Galante diventa il principale emissario della mafia in Europa per il traffico di stupefacenti. Nell'agosto 1957 partecipa assieme a Bonanno ad un importante summit tra capi mafia siciliani e americani che si svolge al Grand Hotel delle Palme di Palermo. La questione da discutere in questo vertice è il traffico di eroina, da sempre un tabù nella tradizione della mafia. Sono stati sollevati molti dubbi sulla effettiva esistenza di questa riunione mafiosa, ciò che pare comunque certo è che Bonanno e Galante abbiano ricevuto nell'albergo boss di altissimo calibro tra i quali Lucky Luciano, Gaetano Badalamenti, Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera e Tommaso Buscetta. L'FBI ritiene che questo meeting abbia sancito il primato della famiglia Bonanno nel traffico dell'eroina rispetto alle altre quattro famiglie di New York.


Incriminazioni e processi
Galante nel 1960 viene arrestato e incriminato dagli agenti dell'antinarcotici di Aslinger in quanto ritenuto a capo di una banda che importava grandi quantitativi di stupefacenti dal Canada. Il processo a suo carico fu interrotto però a causa di un incidente che colpì il capo dei giurati, che venne aggredito da ignoti, riportando la frattura della spina dorsale. Si ritiene che il mandante fosse proprio "Lilo", anche se non fu mai provato. Nel 1962 si svolse il secondo processo contro Galante, anche stavolta non mancarono intimidazioni in aula nei confronti delle giuria da parte dei coimputati di Galante, tredici soldati della famiglia Bonanno. Il giudice una mattina trovò il proprio cane decapitato, un chiaro avvertimento da parte della mafia, ma il processo si concluse comunque decretando la colpevolezza di Galante, accusato di narcotraffico.


Incarcerazione e psicologia
Gli psichiatri del carcere diagnosticarono a Carmine Galante una personalità psicopatica. Galante non tollerava di essere contraddetto, si considerava e si comportava da vero duro, tanto che Ralph Salerno, poliziotto veterano di New York, disse "Il modo di fissare di Galante era minaccioso a tal punto che la gente si faceva piccola sulla sedia".
In carcere "Lilo" aveva un discreto numero di uomini della famiglia Bonanno a lui fedeli, si sentiva protetto ed era temuto dagli altri detenuti. Un episodio avvenuto in galera può dare un'idea della personalità di Galante: durante l'ora in cui era concesso ai carcerati di usare il telefono, Galante salta l'intera fila e, davanti ad alcuni dei più pericolosi criminali di colore della prigione, strappa di mano il telefono al ragazzo afroamericano che stava chiamando in quel momento, insultandolo con epiteti razzisti. Nessuno osò rispondergli. Mentre si trovava in carcere Galante già progettava la sua scalata al potere, raccontando ai suoi uomini di come, non appena in libertà, avrebbe preso il controllo non solo della famiglia Bonanno, ma sarabbe anche diventato il "Capo di tutti i Capi" delle cinque famiglie di New York, facendosi beffe di Carlo Gambino, allora boss della famiglia Gambino, il più potente clan mafioso d'America.

carmine galante arrestato


Presa del potere
Galante uscì di prigione nel 1974 con la chiara intenzione di diventare il boss della famiglia Bonanno. Il capo allora era Philip Rastelli, che non aveva alcuna intenzione di farsi da parte, ma una condanna per estorsione lo fece finire in carcere, sgombrando così il campo per Galante. "Lilo" finse di essersi ripulito e aprì una lavanderia a Little Italy, ma in realtà prese il potere nella famiglia e cominciò a reclutare giovani mafiosi dalla Sicilia, da Castellammare del Golfo. Questi italiani, denominati "Zip", divennero i più stretti collaboratori di Galante e si occupavano della sua sicurezza, i due membri di spicco tra questi siciliani erano Cesare Bonventre e Baldo Amato. Galante si fidava ciecamente di loro, li riteneva non "americanizzati" e quindi più fedeli al codice d'onore della mafia siciliana. Intanto cominciò a monopolizzare il commercio dell'eroina dalla Sicilia agli USA, inimicandosi così le altre famiglie di New York, con cui non aveva intenzione di spartire i proventi del narcotraffico.



Morte

carmine galante uccisoLa Commissione di New York non tollerava il comportamento di "Lilo", e così quando Philip Rastelli, usurpato illegittimamente del potere, inviò dal carcere la proposta di eliminarlo, tutte le famiglie si trovarono d'accordo, anche lo stesso Joe Bonanno, ormai ritirato, approvò l'omicidio del suo ex consigliere.Il 12 luglio 1979 Galante si recò a pranzo nel ristorante italo-americano "Joe and Mary" di Brooklyn, sulla Knickerbocker Avenue, una trattoria tipica siciliana gestita da Giuseppe Turano, un cugino di "Lilo". Un patio privato era stato apparecchiato per Carmine Galante e Angelo Presinzano, un soldato della famiglia. Presinzano abbandonò presto il pasto, mentre fecero la loro comparsa al ristorante gli zip Cesare Bonventre e Baldo Amato, accompagnati da un fedelissimo soldato e socio di "Lilo", Leonardo Coppola. Dopo aver consumato un'insalata di pesce accompagnata da buon vino, Galante si accese il sigaro, in attesa del dolce. Fu in quel momento, alle 14.45, che entrarono nel locale tre uomini mascherati e armati, che si diressero verso il patio e, spalleggiati dagli stessi Cesare Bonventre e Baldo Amato, fecero fuoco contro Galante, Coppola e Turano, uccidendoli all'istante.

assassinio carmine galante




DOCUMENTI



giovedì 9 gennaio 2014

SALVATORE "CICCHITEDDU" GRECO


Salvatore Greco  (Ciaculli, 13 gennaio 1923 – Caracas, 7 marzo 1978) era considerato un esponente di massimo prestigio all'interno di Cosa Nostra e per questo venne incaricato di guidare la "Commissione" creata nel 1957. Il suo soprannome "Cicchiteddu" significa "uccellino" in siciliano per via della sua bassa statura, anche se nei rapporti degli inquirenti dell'epoca era indicato erroneamente con il soprannome "Ciaschiteddu" (piccolo fiasco).
Era figlio di Giuseppe Greco, capo della cosca mafiosa di Ciaculli, che era imparentato alla lontana con il suo omonimo Giuseppe Greco, detto Piddu u' tenente, che controllava il vicino paese di Croceverde-Giardina.
Nel 1946 Piddu ‘u tenente si vendicò di un torto subito facendo uccidere Giuseppe Greco e suo fratello Pietro, rispettivamente padri di "Cicchiteddu" e del suo cugino omonimo Salvatore Greco, soprannominato "l'ingegnere" o "Totò il lungo": questi due omicidi diedero inizio ad un violento conflitto tra i Greco di Ciaculli e quelli di Croceverde-Giardina. La reazione dei Greco di Ciaculli non si fece attendere e poco dopo vennero uccisi due uomini di Piddu ‘u tenente. Dopo tutti questi fatti di violenza si arrivò al culmine di tutta la vicenda: il 17 settembre 1947, le due fazioni si affrontarono con bombe a mano e mitra nella piazza di Ciaculli; ci furono cinque morti, uno dei quali venne finito a coltellate dalla madre e dalla sorella di "Cicchiteddu".
Tutti questi avvenimenti costarono a Piddu u' tenente la convocazione da parte degli altri boss della mafia che lo obbligarono a riportare la situazione di pace fra le due fazioni. La pace era fortemente voluta anche da Antonino Cottone, capo della cosca di Villabate che fece intervenire il boss Joe Profaci, che da Brooklyn si precipitò a Palermo per porre fine allo scontro: la pace fra le due famiglie rivali fu raggiunta assumendo "Cicchiteddu" e il cugino Salvatore Greco "l'ingegnere" nell'azienda agrumaria di Piddu u' tenente, che produceva i famosi mandarini di Ciaculli, controllava la vendita all'ingrosso degli agrumi da loro prodotti, stabiliva il prezzo anche con la violenza e monopolizzava pure le forniture di acqua agli agrumeti della Conca d'Oro insieme al socio Antonino Cottone.


Lotta per il controllo dei mercati generali
Nel 1955 "Cicchiteddu" entrò in contrasto con Gaetano Galatolo, capo della cosca dell'Acquasanta, in seguito allo spostamento dei mercati generali di Palermo dal quartiere della Zisa all'Acquasanta: infatti Galatolo si rifiutava di sottostare ai prezzi imposti da "Cicchiteddu" e dal suo socio Antonino Cottone e di dividere con loro anche il racket del pizzo sui prodotti ortofrutticoli venduti all'ingrosso. Per questa sua opposizione, Galatolo venne ucciso e seguì un violento conflitto che vedeva contrapposte le cosche di Ciaculli-Croceverde e dell'Acquasanta, di cui rimasero vittime anche Cottone e il vicecapo di Galatolo, Nicola D'Alessandro, assassinato a colpi di lupara dopo aver preso il posto del suo capo; nel periodo successivo il conflitto venne risolto perché "Cicchiteddu" si accordò con Michele Cavataio, nuovo capo dell'Acquasanta, per dividersi i racket dei mercati generali.

A capo della "Commissione"
Nel periodo successivo "Cicchiteddu" e il cugino Salvatore Greco "l'ingegnere" si associarono ai mafiosi Angelo La Barbera, Rosario Mancino, Antonino Sorci, Pietro Davì, Tommaso Buscetta e Gaetano Badalamenti, con cui si occuparono del contrabbando di sigarette e stupefacenti, mantenendo contatti con il corso Pascal Molinelli e il tangerino Salomon Gozal, indicati dalle indagini dell'epoca come i maggiori fornitori di sigarette ed eroina alle cosche siciliane.
"Cicchiteddu" venne sospettato di essere presente alla riunione fra mafiosi siciliani e americani tenutasi fra il 12 ed il 16 ottobre 1957 presso l'Hotel delle Palme di Palermo. Joseph Bonanno, Lucky Luciano, John Bonventre, Frank Garofalo, Santo Sorge e Carmine Galante erano fra i mafiosi americani presenti mentre fra i siciliani erano presenti, oltre ai cugini Greco, Gaspare Magaddino, Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera, Cesare Manzella e Calcedonio Di Pisa.
Uno dei risultati di queste riunioni fu la costituzione della "Commissione", a capo della quale venne eletto "Ciaschiteddu" per via del suo prestigio e della sua autorevolezza.
Secondo il pentito Tommaso Buscetta, "Cicchiteddu" fu tra i mafiosi coinvolti nell'omicidio di Enrico Mattei, il controverso presidente dell'ENI che morì in un misterioso incidente aereo il 27 ottobre 1962.

La prima guerra di mafia
Nel 1962 "Cicchiteddu", insieme al cugino Salvatore Greco "l'ingegnere" e ai mafiosi Cesare Manzella ed Angelo La Barbera, finanziò una spedizione di eroina, che venne affidata a Calcedonio Di Pisa, capo della cosca della Noce, il quale aveva l'incarico di consegnare la droga ai corrieri americani; Di Pisa aveva però consegnato ai soci una somma inferiore a quella stabilita adducendo di essere stato truffato dai corrieri americani. In una riunione della "Commissione" che doveva decidere sul caso, si stabilì che Di Pisa non era colpevole di aver sottratto una parte dell'eroina, ma i fratelli La Barbera rimasero insoddisfatti della decisione. Qualche tempo dopo Di Pisa venne ucciso e ciò provocò un conflitto che divenne noto come «prima guerra di mafia», che vedeva contrapposti i cugini Greco a La Barbera; il conflitto si concluse il 30 giugno 1963, quando un'autobomba esplose nelle vicinanze della casa di "Cicchiteddu" a Ciaculli, uccidendo 7 carabinieri accorsi per disinnescare la bomba. L'indignazione per la strage di Ciaculli provocò la reazione delle autorità e numerosi mafiosi furono arrestati. "Cicchiteddu" era pure ricercato dalle forze dell'ordine e quindi fuggì a Caracas, in Venezuela.


strage di ciaculli  salvatore greco


Il 22 dicembre 1968, "Cicchiteddu" venne condannato in contumacia a dieci anni di carcere al processo di Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia. In appello venne però assolto.
Salvatore La Barbera, mandante dell’omicidio, è uomo di peso nel sodalizio mafioso che controlla Palermo città ed anche la persona che introduce, su raccomandazione di Vito Ciancimino, la famiglia dei corleonesi ai “piani alti” della gerarchia di Cosa Nostra. Si sente in diritto di far pesare il proprio potere e rifiuta la decisione della Commissione, nata solo nel 1958 come processo di modernizzazione e potenziamento del potere mafioso in Sicilia, e da lì a pochi anni anche in altre zone del Paese. Ma non basta, lo sgarro alla cupola mafiosa è stato troppo eclatante e la Commissione decide di punire chi ha disubbidito, mettendo in discussione il potere di controllo di quella struttura che poi, successivamente, sarà conosciuta soprattutto con il nome di “cupola”. Salvatore La Barbera sparisce con un altro mafioso, Primo Vinti. Lupara bianca per ordine dei Greco che rappresentano in quel momento il vertice della struttura di coordinamento e comando di Cosa Nostra. Dopo la morte del fratello, certa anche se non verrà mai ritrovato il corpo, Angelo La Barbera decide di rispondere e Il 13 febbraio un’Alfa Romeo Giulietta imbottita di esplosivo rade al suolo la casa di Salvatore "Ciaschiteddu" Greco a Ciaculli. Greco è all’epoca capo della "Commissione" della mafia, e certo non può accettare che si metta in discussione direttamente il suo potere in maniera così evidente e infatti risponde il 19 aprile, mandando due killer in pieno giorno a riempire di colpi di mitra la pescheria Impero in via Empedocle Restivo appartenente ai clan rivali. Poi tocca al boss di Cinisi Cesare Manzella, alleato dei Greco, ucciso con un’autobomba davanti al cancello di ferro della sua piantagione di limoni. E il 30 giugno dello stesso anno un’altra autobomba esplode a Ciaculli, uccidendo sette uomini delle forze dell’ordine. La repressione causata da questa strage è un colpo al traffico di eroina con gli Stati Uniti. Lo Stato, sembra, alzare la testa. Molti mafiosi vengono arrestati e il controllo del traffico rimane nelle mani di pochi latitanti fra cui i cugini Greco, Pietro Davì, Tommaso Buscetta e Gaetano Badalamenti. La guerra si conclude soltanto il 10 dicembre 1969 con la morte del boss Michele Cavataio, uno dei protagonisti di questo conflitto, ucciso all’interno di un ufficio di Palermo da alcuni killer camuffati da agenti della guardia di finanza (conflitto a fuoco conosciuto come “la strage di viale Lazio”). La pace mafiosa ha un nome e un capo: il mercato dell’eroina e Salvatore Greco. E un clan emergente, quello dei corleonesi di Totò Riina alleato con Liggio, è ormai riconosciuto da tutta Cosa Nostra come quello con la migliore capacità militare.
Il posto di Salvatore Greco al vertice della Commissione viene preso dal cugino, Michele detto “il papa”, che si allea con Riina. Dopo dieci anni di tregua armata riesplode la guerra fra i clan. Anzi, “la mattanza”.

In Venezuela
Nel 1970 "Cicchiteddu" soggiornò sotto falso nome a Zurigo, Milano e Catania per partecipare ad alcuni incontri insieme a Tommaso Buscetta per discutere sulla ricostruzione della "Commissione" e sull'implicazione dei mafiosi siciliani nel Golpe Borghese.





Nel gennaio 1978 "Cicchiteddu" tornò in Sicilia dal Venezuela per incontrare i boss Gaetano Badalamenti, Giuseppe Di Cristina e Giuseppe Calderone per discutere sull'eliminazione di Francesco Madonia, capo della cosca di Vallelunga Pratameno (provincia di Caltanissetta), il quale era strettamente legato a Totò Riina; "Cicchiteddu" però consigliò di rimandare ogni decisione a data successiva ma, ripartito per Caracas, vi morì prematuramente per cirrosi epatica, il 7 marzo 1978.


domenica 17 novembre 2013

JOSEPH BONANNO "Joe Bananas"





Joseph Bonanno,
nato Giuseppe Bonanno, e soprannominato Joe Bananas(Castellammare del Golfo, 18 gennaio 1905 – Tucson, 12 maggio 2002), è stato un criminale italiano naturalizzato statunitense, legato a Cosa Nostra americana.

Giuseppe Bonanno nacque a Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, il 18 gennaio 1905. Il padre di Bonanno, Salvatore, faceva parte della cosca mafiosa locale e nel 1908 si trasferì a Brooklyn insieme alla sua famiglia per sfuggire ad una condanna, ritornando in Sicilia nel 1911 per via di una faida scoppiata a Castellammare del Golfo con la cosca rivale dei Buccellato, che si concluse nel 1913, quando Salvatore Bonanno uccise il capo rivale Felice Buccellato, che venne ritrovato orribilmente sfigurato all'interno di un sacco di tela.

Joe Bonanno nel 1920


Nel 1915 Bonanno rimase orfano del padre Salvatore, che morì per un attacco cardiaco, e nel 1920 perse anche la madre, frequentando in questo periodo l'Istituto nautico di Palermo per qualche mese. Nel 1924 Bonanno venne schedato come antifascista insieme al cugino Pietro Magaddino e, per sottrarsi alle procedure in corso, si trasferì clandestinamente prima a Cuba e in Florida e poi arrivò a Brooklyn; fu qui che Bonanno venne arrestato per possesso di un'arma illegale ma venne rilasciato perché Nicola Schirò, che in seguito venne sostituito da Salvatore Maranzano, il quale guidò la cosiddetta «Guerra castellammarese» contro Joe Masseria, capo della Famiglia Morello, nella quale Bonanno si distinse come vicecapo di Maranzano. Uscito vittorioso dal conflitto nel 1931, Maranzano si fece nominare «capo dei capi» ma venne assassinato su ordine di Lucky Luciano; Bonanno allora prese il comando della cosca castellammarese e si associò a Luciano, diventando uno dei membri della «Commissione», l'apposito organismo che aveva il compito di governare gli affari della «Cosa Nostra».
Dopo aver ottenuto il controllo della Famiglia, Bonanno scelse suo cugino Frank Garofalo come vicecapo, mentre il suo amico e socio John Tartamella come "consigliere"; oltre a controllare il gioco d'azzardo, l'usura e le lotterie clandestine a Brooklyn attraverso i suoi capidecina, Bonanno acquistò ristoranti ed imprese di costruzioni e d'abbigliamento per riciclare il denaro sporco e facilitare le attività illecite. Nel 1931 sposò Fay Labruzzo, sorella di un suo capodecina, da cui ebbe due figli e una figlia, e ottenne la cittadinanza statunitense nel 1945.

Copacabana 1946.
(LR) Stefano Magaddino, Joe Bonanno,
Salvatore Bonanno, Gaspar DiGregorio

Nel 1952 Bonanno inviò il suo nuovo "consigliere" Carmine Galante a Montreal, in Canada, per organizzare un traffico di stupefacenti, associandosi al gangster calabrese Vic Cotroni. Nel 1956 Salvatore, figlio primogenito di Bonanno, sposò Rosalie Profaci, nipote di Joe Profaci, il capo dell'omonima Famiglia, e ciò rafforzò l'alleanza tra le due Famiglie mafiose.
Nel 1957 Bonanno compì un viaggio in Sicilia accompagnato da Carmine Galante e, dal 12 al 16 ottobre, partecipò ad una serie di incontri che si tennero presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo con John Bonventre e Frank Garofalo, esponenti della sua Famiglia, ed altri mafiosi americani (Lucky Luciano, Santo Sorge, Vito Vitale e John Di Bella, esponente della Famiglia Genovese di New York) e siciliani (Gaspare Magaddino, Cesare Manzella e Giuseppe Genco Russo): gli inquirenti dell'epoca sospettarono che si incontrarono per concordare l'organizzazione del traffico degli stupefacenti, dopo che la rivoluzione castrista a Cuba (1956-57) aveva privato i mafiosi siciliani ed americani di quell'importante base di smistamento per l'eroina; secondo il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, durante questi incontri Bonanno discusse insieme ad alcuni mafiosi siciliani sulla creazione di una «Commissione» sul modello di quella dei mafiosi americani, che doveva assicurare l'ordine nelle file dell'organizzazione. Qualche tempo dopo, Bonanno partecipò alla riunione di Apalachin, nello Stato di New York, insieme ai rappresentanti di tutte le Famiglie degli Stati Uniti, ma l'incontro venne scoperto dalla polizia locale, che fermò parte dei partecipanti, compreso Bonanno, che però venne rilasciato perché non vi era alcuna prova per trattenerlo.
Dopo la morte di Joe Profaci nel 1962, il vicecapo Joseph Magliocco assunse il comando della sua Famiglia e si legò a Bonanno come il suo predecessore; infatti Bonanno e Magliocco consideravano pericolosi Carlo Gambino, capo dell'omonima Famiglia, e Gaetano "Tommy" Lucchese, capo di un'altra Famiglia di New York, perché avevano appoggiato i fratelli Gallo, acerrimi nemici di Magliocco, ed incaricarono il mafioso Joseph Colombo di assassinarli. Colombo però preferì informare Gambino e Lucchese, che portarono Bonanno e Magliocco dinanzi la «Commissione», ma Bonanno non si presentò mentre Magliocco venne costretto a ritirarsi a vita privata e a cedere il comando della sua Famiglia a Joseph Colombo; successivamente, nell'ottobre 1964, Bonanno inscenò un sequestro, facendo credere che lo avevano rapito e ucciso: in realtà aveva lasciato clandestinamente gli Stati Uniti e si era rifugiato a Tunisi per qualche tempo per ingannare Gambino e Lucchese. Nello stesso periodo Gaspar Di Gregorio, un capodecina di Bonanno, assunse il comando della Famiglia appoggiato da Gambino, Lucchese e dagli altri membri della «Commissione» ma si scontrò con la fazione guidata dal figlio primogenito di Bonanno, Salvatore, che voleva il ritorno del vecchio capo. Nel 1966 Bonanno si consegnò alle autorità per comparire dinanzi un grand jury e nel 1968 ebbe un attacco di cuore, decidendo di ritirarsi a vita privata insieme al figlio Salvatore nella sua casa di Tucson, in Arizona.




Nel 1980 Bonanno venne arrestato per ostruzione alla giustizia, venendo condannato a cinque anni di carcere ma scontò soltanto otto mesi perché la pena venne ridotta causa dei suoi problemi di salute.

Nel 1983 Bonanno tentò di riabilitare la sua immagine pubblicando l'autobiografia «A Man of Honor», scritta da un suo collaboratore, che indusse le autorità statunitensi a convocarlo dinanzi un grand jury per interrogarlo sul contenuto del libro; Bonanno però rifiutò di presentarsi e venne condannato a quattordici mesi di carcere per oltraggio alla corte.
Joseph Bonanno morì nella sua casa di Tucson il 12 maggio 2002, all'età di 97 anni.



Modesta casa di Tucson di Bonanno