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sabato 7 dicembre 2013

FRANCESCO PAOLO BONTATE "Don Paolino Bontà"

francesco paolo bontate al funerale di calogero vizzini

Francesco Paolo Bontate al funerale ci Calogero Vizzini



Francesco Paolo Bontate 

nacque in una famiglia contadina e venne affiliato dal padre nella cosca di Santa Maria di Gesù legata a Cosa Nostra. Nel 1933 Bontate venne arrestato per rissa e detenzione abusiva di arma da fuoco, venendo coinvolto nel secondo dopoguerra nel contrabbando di generi alimentari e nel furto di bestiame e aderendo al nascente Movimento Indipendentista Siciliano. Nel 1954 Bontate era tra coloro che portarono la bara di Calogero Vizzini, boss di Villalba insieme a Genco Russo. Inoltre Bontate divenne un grande proprietario terriero e impose con la corruzione l'insediamento della fabbrica elettronica Raytheon-Elsi nei suoi terreni a Villagrazia, la quale decollò alla fine del 1962: era lui infatti che decideva le assunzioni e risolveva i conflitti sindacali[.
Bontate era pure ben inserito negli ambienti politici: fu il principale elettore di Ernesto Di Fresco, che venne eletto consigliere comunale di Palermo nella lista del Partito Nazionale Monarchico nel 1956, il quale era anche solito farsi accompagnare da Bontate alle sedute del consiglio comunale. Inoltre Bontate fu sostenitore dell'onorevole Silvio Milazzo, il quale formò un governo regionale con l'alleanza trasversale tra comunisti, missini e democristiani; per queste ragioni, Bontate prese a schiaffi un deputato monarchico che non aveva votato per Milazzo mentre si trovavano in un salone di Palazzo dei Normanni alla presenza degli altri deputati regionali.
Nel 1960 Bontate cedette il comando della cosca al figlio Stefano perché si era gravemente ammalato di diabete e nel 1963 venne denunciato per associazione a delinquere ma riuscì ad uscirne indenne. Morì nel 1964 all'età di 50 anni per problemi di salute.


Da don Paolino a Giovanni, saga di una famiglia d' onore

Corriere della Sera di Enzo Mignosi
Ritratto di famiglia sullo sfondo di vecchie trame politico mafiose. Un affresco con tre personaggi che hanno scritto pagine scottanti della storia criminale siciliana. E' la saga dei Bontade, signori di Villagrazia, influente clan il cui capostipite, don Paolino, poteva permettersi di schiaffeggiare in pubblico ministri e deputati.
Allora i Bontade dominavano la scena insieme con gli alleati del vecchio ordine di Cosa Nostra (i Badalamenti, gli Inzerillo, i Gambino) e condizionavano le scelte politiche regionali con una ragnatela di rapporti eccellenti tessuta fin dal dopoguerra, quando don Paolino era sceso in campo in prima persona per aiutare lo Stato a sanare la piaga del banditismo con l' uccisione a tradimento di Salvatore Giuliano.
Un boss che faceva tremare, Paolino Bontade. Nella borgata lo chiamavano rispettosamente "don bonta' " e tutti gli riconoscevano una potenza che lambiva i palazzi romani, se e' vero che era riuscito a portare a Villagrazia uno dei piu' grossi insediamenti industriali dell' epoca, l' Elettronica sicula (oggi Italtel), gestita come fosse una cosa propria.
Era lui che decideva le assunzioni. Era lui che risolveva i conflitti sindacali con l' autorita' del mafioso. Don Paolino fu uno dei padrini del "milazzismo", un' esperienza fondata sull' estromissione della Dc dal governo regionale e sull' alleanza trasversale tra comunisti, missini e transfughi dello scudo crociato confluiti nel Partito cristiano sociale.
Un forte sostegno al governo presieduto da Silvio Milazzo venne dato dai Cambria e dai Salvo, gli esattori che per 30 anni hanno gestito in regime di monopolio la riscossione delle imposte in Sicilia. Era la fine degli anni Sessanta.
Il patriarca non nascose il suo ruolo in quella operazione e tra i saloni dorati di Palazzo dei Normanni prese a schiaffi un parlamentare monarchico che non aveva votato per Milazzo. La lobby finanziaria nata su quella strana intesa politica fu poi costretta a recuperare i rapporti con la Dc, primo partito siciliano, e Bontade, alfiere di quel ritorno alla normalita' , guadagno' gratitudine dal partito cattolico.
Il cospicuo patrimonio di don Paolino, fatto di miliardi e di relazioni politiche, fu ereditato dal figlio Stefano, "il principe" spesso citato da Tommaso Buscetta per quel sorriso enigmatico che "costituiva la sua arma piu' temibile".
Un amico stretto di Lima, ha detto il pentito. L' uccisione di Stefano Bontade, nell' aprile dell' 81, e' la dichiarazione di guerra lanciata dai corleonesi al vecchio schieramento mafioso.
Per farsi da parte in un momento denso di rischi, Nino Salvo rinvia le nozze della figlia e assieme al cugino Ignazio va in crociera nell' Egeo.
Invita Salvo Lima a seguirlo, ma il deputato rifiuta e per proteggerlo, i Salvo gli danno un' auto blindata. Prima di partire, gli esattori chiamano Buscetta in Brasile, gli chiedono di organizzare un esercito da contrapporre a Toto' Riina.
Lo sterminio dei perdenti sta per cominciare e il fratello di Stefano Bontade, l' "avvocato" Giovanni, per salvare la pelle passa con il nemico. Ma sei anni dopo verra' eliminato assieme alla moglie. Buscetta lo disse subito: "Bontade era amico di Salvo Lima. Si incontravano al Baby Luna". Era l' 84. Fu l' unica ammissione sui rapporti tra mafia e politica. "Dottore, non sono tempi", spiego' il pentito al giudice Falcone. Ora i tempi sono cambiati.





martedì 25 giugno 2013

PRINCIPE ALLIATA DI MONTEREALE



Principe Alliata di Montereale


Il principe don Giovanni Francesco Stefano Ippolito Oliviero Agilulfo Pio Giacomo Orazio Maria Brasilino Alliata di Montereale e Villafranca

meglio conosciuto come Gianfranco (Rio de Janeiro, 26 agosto 1921 – Roma, 20 giugno 1994), figlio di don Giovanni (nato a Trapani il 13 agosto 1877, deceduto a Rio de Janeiro il 20 gennaio 1938, ministro plenipotenziario di 1ª classe) e di donna Olga dei conti Matarazzo, nacque in Brasile, dove la famiglia aveva vasti possedimenti.
Laureato in giurisprudenza, dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia del 1943 aderì al movimento separatista. Capo della componente agraria del Movimento Indipendentista Siciliano, fu indicato da Gaspare Pisciotta come uno dei mandanti della strage di Portella della Ginestra del 1º maggio 1947, ma le accuse non furono mai provate.
Nel 1946 è eletto al consiglio comunale di Palermo.                                         
Il 30 aprile 1947 fu eletto deputato all'Assemblea regionale siciliana ma si dimise nel 1948 perché eletto deputato alla Camera, nella prima legislatura, per il Partito Nazionale Monarchico, nel collegio unico nazionale.
Ha dilapidato un patrimonio in una vita piena di donne e tavoli da gioco oltre che di massoneria. Di disponibilità finanziarie comunque ne ha sempre avute. 
Riconfermato alla Camera nel 1953, nel 1956 passa al Partito Monarchico Popolare, con cui viene rieletto nella terza legislatura, stavolta nel collegio di Palermo. Lascia il PMP nel 1959 per aderire al Partito Democratico Italiano. Non rieletto nel 1963. Consigliere comunale a Bologna dal 1956 al 1960.
È stato vice presidente del Partito nazionale monarchico e presidente regionale per la Sicilia dello stesso Partito; vice presidente del Partito monarchico popolare e vice presidente dell'Unione monarchica italiana
Nel 1970 una "soffiata" gli permette di sfuggire alla cattura ordinata dalla Procura della Repubblica di Roma nell'ambito dell'inchiesta sul fallito golpe del principe Junio Valerio Borghese e di rifugiarsi all'estero.
Secondo i giudici Alliata avrebbe partecipato alla stesura del progetto politico-militare ed avrebbe richiesto collaborazione ai boss di Cosa Nostra, che tramite Luciano Leggio, pero' rifiuteranno.
Verra' poi prosciolto e tornera' tranquillamente in Italia. 
Compare poi fra i destinatari di un avviso di garanzia inviato dalla magistratura di Padova che indaga sull'attivita' del gruppo neofascista la Rosa dei Venti
Fu Gran Maestro della loggia massonica di Piazza del Gesù.
Aderì alla Loggia P2 (tessera n. 361). Fu Sovrano Gran Commendatore a vita del Rito Scozzese Antico e Accettato dell’osservanza massonica di Piazza del Gesù e Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Nazionale degli Antichi Liberi e Accettati Muratori (ALAM).
Costituì l’Associazione Nobili del Sacro Romano Impero.
Nel 1993 fu promotore a Roma di una lista alle Comunali per le prime elezioni dirette del sindaco.
Morì a Roma, mentre era agli arresti domiciliari per un'indagine della Procura di Palmi per aver fatto parte di un "gruppo massonico occulto".





domenica 31 marzo 2013

MOVIMENTO INDIPENDENTISTA SICILIANO (MIS)






Il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS)

è stato un movimento politico indipendentista, attivo in Sicilia tra il 1943 e il 1951, che auspicava la realizzazione di uno Stato Siciliano separato dall'Italia. Fu denominato anche separatismo.
Genco Russo
Il movimento nacque nel settembre del 1942, come Comitato per l'Indipendenza della Sicilia, prendendo spunto dai Vespri Siciliani. Il primo Presidente fu Andrea Finocchiaro Aprile e nel movimento confluirono esponenti politici eterogenei, fra cui il socialista rivoluzionario Antonio Canepa, poi comandante dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia, e Giovanni Guarino Amella, che poi si defilerà preferendo una soluzione autonomista; altri leader separatisti furono soprattutto i grandi proprietari terrieri: il barone Lucio Tasca Bordonaro poi nominato sindaco di Palermo nel 1943 dagli Alleati, Stefano La Motta barone di Monserrato, i monarchici Guglielmo Paternò Castello duca di Carcaci e il principe Giovanni Alliata, il barone Nino Cammarata, gli avvocati Attilio Castrogiovanni, Antonio Di Matteo e Sirio Rossi, Concetto Gallo, Rosario Cacopardo ed Antonino Varvaro.
Il movimento si mise in evidenza all'indomani dell'armistizio di Cassibile, quando nel caos della guerra lo stato italiano aveva di fatto abbandonato la Sicilia e l'esercito alleato non aveva completato l'occupazione militare.
Calogero Vizzini
Finocchiaro Aprile ad ottobre chiese l'abdicazione di Vittorio Emanuele III ed il 9 dicembre accolse le adesioni di una decina di deputati siciliani. Nella primavera del 1944, per imprimere maggior vigore alla lotta il CIS verrà sciolto per dar luogo al Movimento per l'Indipendenza della Sicilia (MIS). In questo clima di importanti aspettative vi erano inoltre notevoli pressioni esercitate dai servizi segreti sia americani che inglesi per cercare di attirare ciascuno nella rispettiva sfera d'influenza l'isola indipendente. Infatti, l'amministrazione degli Alleati vietò ogni attività politica, tollerando però l'esistenza del MIS.
In questo periodo numerosi mafiosi, fra cui Calogero Vizzini, Giuseppe Genco Russo, Michele Navarra e Francesco Paolo Bontate, confluirono nel MIS come esponenti agrari e da questa posizione ottennero numerosi incarichi pubblici e vantaggi; Calogero Vizzini partecipò pure al progetto dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia, il braccio armato del MIS, però l'adesione che era stata determinata per fini diversi da quelli politici e per questo fu breve e Vizzini
Michele Navarra
insieme agli altri esponenti (avversati dai dirigenti del MIS Attilio Castrogiovanni e Antonino Varvaro) a partire dal 1946 lasceranno il MIS per garantire il loro appoggio ai rinascenti partiti italiani, in primis la Democrazia Cristiana.
Nell'autunno del 1944, durante il primo congresso che si celebrò a Taormina, venne presa la decisione di passare alla lotta armata, anche in risposta alle continue ed arbitrarie violenze (si veda ad esempio la strage di via Maqueda che si consumò a Palermo proprio durante il primo congresso indipendentista) che venivano perpetrate dalle forze dell'ordine italiane ai danni di sedi ed esponenti del MIS. Sotto la spinta dell'ala oltranzista, il MIS tentò l'insurrezione separatista con la formazione dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia (EVIS), la cui attività di guerriglia e resistenza fu talmente veemente che per contrastarla il governo fu costretto ad inviare in Sicilia l'Esercito Italiano. Il 17 giugno 1945 in uno scontro a fuoco con i Carabinieri cadeva il comandante dell'EVIS Antonio Canepa insieme a Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice. Il suo posto fu preso da Concetto Gallo, che portò quell'anno a un'alleanza militare con il banditismo e la banda di Salvatore Giuliano. Giuliano fu nominato colonnello dell'EVIS e compì diversi attacchi alle stazioni dei Carabinieri di Bellolampo, Pioppo, e Montelepre, che furono occupate.
Dal febbraio del 1944 la Sicilia fu retta da un Alto Commissario. Dopo il lavoro di un'apposita Consulta entro la quale operarono tra gli altri Giovanni Guarino Amella e Giuseppe Alessi, il 15 maggio 1946 il re Umberto II promulgò un decreto legislativo che riconosceva alla Sicilia uno Statuto Speciale di Autonomia. Lo Statuto verrà poi convertito in legge costituzionale il 26 febbraio 1948 dal parlamento della Repubblica Italiana. Alle elezioni per l'Assemblea Costituente del 2 giugno 1946, il MIS ebbe il battesimo elettorale e ottenne lo 0,7% dei voti (8,7% in Sicilia) e 4 seggi. Vennero eletti Andrea Finocchiaro Aprile (34.068 voti), Antonino Varvaro (18.520), Concetto Gallo (14.749) e Attilio Castrogiovanni (10.514).
Durante il III Congresso del movimento tenutosi nel febbraio del 1947 a Taormina (ME), venne espulso Antonino Varvaro, ex segretario del movimento e capo della corrente di sinistra, dalla quale si dissociò però il Partito Comunista Siciliano del futuro segretario del MIS Francesco Mazza, su decisione della maggioranza. I motivi non vennero mai chiariti: secondo alcuni per la spinta dei latifondisti che premevano per una svolta più autoritaria a destra, secondo altri a causare l'espulsione furono le pressioni politiche esercitate su Varvaro e sua moglie dal Partito Comunista Italiano, avendo questi assunto una posizione progressivamente provocatoria e di contestazione nei confronti della leadership di Finocchiaro Aprile. In sostituzione di Antonino Varvaro venne eletto segretario Attilio Castrogiovanni. Successivamente Varvaro insieme ad Anselmo Crisafulli ed altri dissidenti fondarono il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia Democratico-Repubblicano (MISDR). Il movimento di Varvaro, che non ebbe nessun eletto all'ARS, si sciolse dopo poco tempo.




Il MIS partecipò alle prime elezioni regionali siciliane del 20 aprile 1947, dove rimase fermo ai risultati del 1946, con 171.470 voti (8,8%) e nove deputati: Andrea Finocchiaro Aprile, Gioacchino Germanà, Concetto Gallo, Attilio Castrogiovanni, Giuseppe Caltabiano, Rosario Cacopardo, Gaetano Drago, Francesco Paolo Lo Presti e Pietro Landolina. Nelle elezioni politiche del 1948 il MIS con in testa Finocchiaro Aprile si candidò nella lista Unione Movimenti Federalisti, ma ottenne solo 52 mila voti con il 2,1 in Sicilia e lo 0,20 % in Italia, e nessun seggio.
Tuttavia il movimento scomparve dalla scena politica dopo le elezioni regionali del 1951, dove il MIS non ottenne nessun seggio, raggiungendo il 3,91%. Alla sconfitta elettorale seguirono le dimissioni dalla presidenza di Finocchiaro Aprile e di altri esponenti.
Ritenendo che non sia mai intervenuto uno scioglimento formale, il 22 aprile 2004 si è costituito il Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, che si richiama direttamente all'esperienza del MIS degli anni quaranta. L'11 maggio 2009, nel corso di una conferenza stampa, i vertici del Movimento hanno conferito la tessera di membro onorario al presidente della regione Sicilia Raffaele Lombardo con la seguente motivazione: « Per essersi posto al servizio della "causa autonomista" e per aver contribuito a risvegliare l'identità e l'orgoglio del Popolo Siciliano », paventando l'ipotesi di un'alleanza con il Movimento per le Autonomie, di cui è leader lo stesso Lombardo.






giovedì 28 marzo 2013

SALVATORE GIULIANO





Salvatore Giuliano con il futuro boss Vito Genovese

Salvatore Giuliano 

(Montelepre, 22 novembre 1922 – Castelvetrano, 5 luglio 1950) è stato un bandito e criminale italiano. Per alcuni mesi sfruttò la copertura dell' EVIS, un gruppo di separatisti attivo principalmente a partire dalla fine della seconda guerra mondiale per le sue azioni criminose.
Il padre, suo omonimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti, a più riprese riuscì a comprare diversi pezzi di terra nei dintorni del paese. Infine rimpatriò, proprio nell'anno di nascita d
i Salvatore, per occuparsi della loro coltivazione.
Il giovane Salvatore, finite le elementari, andò ad aiutare il padre. In verità avrebbe preferito il commercio, ma non si sottraeva al suo dovere anzi trovava il tempo per continuare gli studi. Spesso finito il lavoro, andava dal prete del paese o da un suo ex insegnante.




La latitanza 

Fu una figura molto controversa: di umili origini, la sua latitanza inizia nel 1943 quando, fermato ad un posto di blocco mentre trasporta due sacchi di frumento (80 kg) caricati su un cavallo, gli vengono sequestrati cavallo e frumento e, lasciato solo, tenta di allontanarsi, ma i militari gli sparano sei colpi di moschetto. Due proiettili lo colpiscono al fianco destro. Un militare gli si avvicina per dargli il colpo di grazia. Salvatore Giuliano reagisce uccidendo il giovane carabiniere con un colpo di pistola, e si dà alla macchia. Presto costituì una banda intorno alle montagne di Montelepre.






Colonnello dell'EVIS

Dalla fine del 1945 le sue imprese ebbero per qualche mese una natura politica di ispirazione separatistica, grazie ai contatti inizialmente con il Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), entrando, nella sua organizzazione paramilitare l'E.V.I.S. (Esercito Volontario per la Indipendenza Siciliana) fondato da Antonio Canepa, del quale fu nominato "colonnello". Fu il successore di Canepa, Concetto Gallo, a portare nel dicembre del 1945 Giuliano nell'EVIS,. L'E.V.I.S. si sciolse nei primi mesi del'46. Molti membri delle forze dell'ordine caddero in agguati ad opera degli uomini di Giuliano, in imboscate e assalti alle caserme dei carabinieri di Bellolampo, Pioppo, Montelepre e Borgetto, alcune delle quali furono anche occupate. Fu costituito per contrastarlo l'Ispettorato generale di polizia in Sicilia, ma con scarso successo. Nel gennaio 1946 fu addirittura attaccata la sede della Radio di Palermo.
Il M.I.S. nel 1946 decise di entrare nella legalità e di partecipare alle elezioni per l'Assemblea Costituente. Il separatismo scemò con il riconoscimento dello Statuto speciale siciliano conferito da Re Umberto II alla Sicilia nel maggio 1946, 17 giorni prima del referendum che trasformerà l'Italia in Repubblica, e divenne parte integrante della Costituzione Italiana (legge costituzionale n° 2 del 26/02/1948). Con l'amnistia del 1946 per i reati politici, i separatisti lasciarono la banda e Giuliano continuò la lotta con coloro che avevano reati comuni. Le imprese di Giuliano, da allora, furono trasmesse all'opinione pubblica come veri e propri atti di criminalità comune, di "brigantaggio", compresi i sequestri.



La strage di Portella



Fu accusato della strage di Portella della Ginestra del 1º maggio 1947, presso Piana degli Albanesi (PA), dove duemila lavoratori, in prevalenza contadini, si erano riuniti per manifestare contro il latifondismo ed a favore dell'occupazione delle terre incolte, oltre che per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali il Blocco del Popolo, la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti su 90 (con il 29% circa dei voti). L'eccidio causò 11 morti e 27 feriti.
Una seconda strage, quella di Bellolampo-Passo di Rigano ad opera di Giuliano avvenne il 19 agosto 1949 nella quale persero la vita sette carabinieri e 11 rimasero feriti, tra cui il colonnello Ugo Luca. Pochi giorni dopo fu decisa la costituzione del Comando forze repressione banditismo, con Luca al comando.


La morte


Operò ancora per diverso tempo in contesti sempre più ristretti, prima di essere ucciso, ufficialmente in uno scontro con i carabinieri del "Comando forze repressione banditismo" del colonnello Ugo Luca guidati dal capitano Perenze, nel cortile dell'avvocato De Maria in via Mannone a Castelvetrano (TP) il 5 luglio 1950, dove era andato, attratto dal suo luogotenente, il cugino Gaspare Pisciotta, che avrebbe dovuto farlo imbarcare su un sommergibile USA per farlo riparare negli Stati Uniti. Sulla sua morte subito apparvero diverse incongruenze della versione degli inquirenti.
Nel 1950 il giornalista de L'Europeo Tommaso Besozzi pubblica un'inchiesta sull'uccisione di Giuliano dal titolo Di sicuro c'è solo che è morte, nella quale smentisce la versione ufficiale del fatto e indica come assassino di Giuliano, Gaspare Pisciotta.
Gaspare Pisciotta sosteneva di aver raggiunto un accordo con il colonnello Ugo Luca, comandante delle forze antibanditismo in Sicilia, di collaborare e uccidere Giuliano, a condizione che non fosse condannato e che Luca fosse intervenuto in suo favore qualora fosse stato arrestato. Il colonnello Luca sarebbe stato autorizzato a accettare tale accordo dal Ministro dell'Interno Mario Scelba[senza fonte].

Al processo per il massacro di Portella della Ginestra, Pisciotta dichiaro': "Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: il deputato DC Bernardo Mattarella, il principe Alliata, l'onorevole monarchico Marchesano e anche il signor Scelba… Furono Marchesano, il principe Alliata, l'onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra... Prima del massacro incontrarono Giuliano... Ciò nonostante Mattarella, Alliata e Marchesano, in un processo sul loro supposto ruolo nell'evento, furono dichiarati innocenti dalla Corte di Appello di Palermo. Durante il processo Pisciotta non poté confermare le accuse presenti nella documentazione di Giuliano nella quale questi nominava il Governo Italiano, gli alti ufficiali dei Carabinieri e i mafiosi coinvolti nella sua banda. E ancora: “Servimmo con lealtà e disinteresse i separatisti, i monarchici, i democristiani e tutti gli appartenenti a tali partiti che sono a Roma con alte cariche, mentre noi siamo stati scaricati in carcere. Banditi, mafiosi e carabinieri eravamo la stessa cosa”.
Pisciotta fu poi avvelenato nel carcere dell'Ucciardone, con un caffè alla stricnina, prima di rendere la sua testimonianza sulla strage di Portella della Ginestra al procuratore Pietro Scaglione (che verrà assassinato dalla Mafia nel 1971).
Mario Scelba
« L'attestato di benemerenza rilasciato al separatista Gaspare Pisciotta a firma del ministro Mario Scelba
Il nominato Gaspare Pisciotta di Salvatore e di Lombardo Rosalia, nato a Montelepre il 5 marzo 1924, raffigurato nella fotografia in calce al presente, si sta attivamente adoperando - come da formale assicurazione fornitami nel mio ufficio in data 24 giugno c. dal colonnello Luca - per restituire alla zona di Montelepre e comuni vicini la tranquillità e la concordia, cooperando per il totale ripristino della legge. Assicuro e garantisco fin d'ora che la sua preziosa ed apprezzata opera sarà tenuta nella massima considerazione anche per l'avvenire e verrà da me segnalata alla competente Autorità Giudiziaria perché - anche sulla base delle giustificazioni e dei chiarimenti che egli fornirà - voglia riesaminare quanto gli è stato addebitato, vagliando attentamente e minuziosamente tutte le circostanze dei vari episodi, al fine che nulla sia trascurato per porre in chiara luce ogni elemento a lui favorevole. Il Col. Luca, unico mio fiduciario, raccoglierà intanto ogni dato utile al riesame della sua posizione, tenendomi informato dei risultati conseguiti.
Il Ministro Mario Scelba. »
Lo studioso Giuseppe Casarrubea ha chiesto alla Procura di Palermo di riaprire la bara tumulata nella cappella della famiglia Giuliano a Montelepre per accertarne l'identità; la riesumazione è avvenuta il 28 ottobre 2010 ma l'esame del DNA e gli accertamenti medico-legali hanno confermato che i resti sepolti nella tomba della famiglia Giuliano appartengono realmente al bandito e quindi l'inchiesta è stata archiviata.



Portella della Ginestra una tesi recente

Una recente tesi più grave attribuisce, invece, la strage ad una coincidenza di interessi tra i post-fascisti, che durante la guerra avevano combattuto nella Xª Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese, i servizi segreti USA (preoccupati dell'avanzata social-comunista in Italia), ed i latifondisti siciliani.
« I rapporti desecretati dell' OSS e del CIC (i servizi segreti statunitensi della Seconda guerra mondiale), che provano l'esistenza di un patto scellerato in Sicilia tra la cosiddetta “banda Giuliano” e elementi già nel fascismo di Salò (in primis, la Decima Mas di Junio Valerio Borghese e la rete eversiva del principe Pignatelli nel meridione) sono il risultato di una ricerca promossa e realizzata negli ultimi anni da Nicola Tranfaglia(Università di Torino), dal ricercatore indipendente Mario J. Cereghino e da chi scrive. »
(da Edscuola, Dossier a cura del prof. Giuseppe Casarrubea)