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venerdì 19 dicembre 2014

ANTONIO MANCINI "Accattone"

banda della magliana

L’OPERAZIONE EMANUELA ORLANDI È FUMO NEGLI OCCHI. “IL RAPIMENTO DECISO DA MAFIOSI E TESTACCINI. PIÙ DI 200 MILIONI DI $ CHE NON RIENTRAVANO E CHE LA BANDA AVEVA RICICLATO PER LO IOR E CHE NON AVEVA PIÙ RIVISTO”


Antonio Mancini

detto Accattone (Castiglione a Casauria, 4 febbraio 1948), iniziò la sua carriera criminale in giovane età come membro di una banda (in gergo batteria) specializzata nell’assalto ai treni, di cui era membro, tra gli altri, anche Gianfranco Urbani detto Er pantera.
Nell’ambiente era conosciuto con il soprannome di accattone poiché veniva giocosamente preso in giro dai compagni essendo andato a vedere l'omonimo film di Pasolini diverse volte. Ma anche per la somiglianza con i ragazzi di vita tratteggiati nei racconti del poeta.
Durante i suoi soggiorni nel carcere di Regina Coeli, rafforzò i legami con numerosi esponenti della malavita romana e non, tra cui Nicolino Selis, componente di una "batteria" che operava tra Acilia ed Ostia (anch’essa tra l’altro specializzata nell’assalto ai treni in cui militò il primo futuro pentito di quella che sarà la banda della Magliana, Fulvio Lucioli detto Er sorcio). Il contatto con Selis sarà importante per l’"accattone", poiché sarà grazie a costui che sposerà a pieno il progetto di partecipare alla creazione di una forte organizzazione malavitosa composta di soli romani e volta al controllo in esclusiva dei traffici criminali nella capitale. In tale progetto, il duo Selis-Mancini coinvolse molti criminali di loro conoscenza che da lì a poco tempo sarebbero diventati celeberrimi boss del nuovo sodalizio criminale: Edoardo Toscano detto l’"operaietto", Giuseppe Magliolo il killer, Angelo de Angelis detto "Er catena", Giovanni Girlando detto "er roscio" e Libero Mancone.


La Banda della Magliana

Membro storico della banda della Magliana, nell’ambito della quale svolgeva principalmente il compito di drizzare i torti (ovvero di “persuadere” eventuali debitori morosi o altri temerari che si ribellavano alla lex de imperio della banda), Mancini era legato da profonda amicizia al boss testaccino Danilo Abbruciati detto "Er camaleonte", che accompagnò diverse volte a Milano nel periodo in cui il bandito Francis Turatello era sotto processo; con il "camaleonte" formò il plotone d’esecuzione di Antonino Leccese, nell’ambito della medesima spedizione che portò all’eliminazione dell’ex compare e compagno di detenzione Nicolino Selis (cognato di Leccese) il 3 febbraio 1981, per dissidi interni alla banda. Poco più di un mese dopo prese parte all’ agguato di via di Donna Olimpia a danno dei fratelli Proietti detti "pesciaroli", accusati da quelli della Magliana di essere gli esecutori dell’omicidio del loro leader Franco Giuseppucci detto "Er negro" avvenuto il 13 settembre 1980.

La sera del 16 marzo 1981, Antonio Mancini e Marcello Colafigli intercettarono Maurizio Proietti detto "il pescetto" e il fratello Mario soprannominato "palle d’oro" nei pressi di via di Donna Olimpia n°152 a Monteverde (quartiere di Roma): nel furibondo scontro a fuoco che ne seguì perse la vita MaurizioProietti, mentre i due banditi della Magliana furono feriti. Nel tentativo di evitare l’arresto e aprirsi un varco, Colafigli e Mancini inscenarono il rapimento di uno dei figli dei Proietti, senza riuscire nell’intento. In seguito ai fatti di via di Donna Olimpia, per Mancini si aprirono le porte del carcere, in particolare quelle della fortezza di Pianosa dove fu trasferito con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Sisto Nardocchi. Venne condannato a 28 anni di reclusione. L’esperienza a Pianosa durò meno del previsto, infatti fu trasferito inaspettatamente a Busto Arsizio; il pentito racconterà in seguito che l’intercessione di Enrico "Renatino" De Pedis presso “qualcuno al ministero” si rilevò determinante per il raggiungimento di questo inatteso risultato. Nel 1986 rifiutò, insieme a Toscano, di evadere al termine di un’udienza del maxi processo alla banda della Magliana dall’aula Occorsio del tribunale di Roma, episodio ancora oggi famoso e per certi versi scandaloso che vide alla fine protagonista un altro membro della banda, Vittorio Carnovale detto Er coniglio. Mancini era infatti vicino a ottenere un regolare permesso dopo ben sei anni di detenzione.
Una pagina particolarmente importante della vita di Mancini fu quella riguardante la relazione con Fabiola Moretti, l'ex compagna di Abbruciati nel frattempo ucciso a Milano il 27 aprile 1982. Con la Moretti, legata tra l’altro a Enrico De Pedis da una profonda amicizia (legame che predilesse temporaneamente allorquando costui, entrato in conflitto con l’ala maglianese della banda di cui Mancini era esponente, venne ucciso in via del Pellegrino il 2 febbraio del 1990), visse intensi anni al limite della legalità: trascorse con lei l’ultimo periodo da criminale, fino all’arresto avvenuto nella primavera del 1994 che precedette di poco la decisione di collaborare con la giustizia.







Il pentimento

Le dichiarazioni dell’"accattone" aiutarono gli inquirenti a svelare molti dei misteri che ancora avvolgevano la banda e numerosi fatti di cronaca nera degli ultimi trent’anni: dal delitto Pecorelli (secondo Mancini a sparare fu Carminati), ai rapporti con i servizi segreti e il ruolo della banda nelle ricerche della prigione di Aldo Moro. Nel corso degli interrogatori di Mancini, la sua convivente Fabiola Moretti fu vittima di strane visite e atti intimidatori, non ultimo l’irruzione in casa di misteriosi ladri, avvenimento assai strano per un boss del calibro dell’accattone.



Nel 2006 Mancini tornò alla ribalta della cronaca affermando di riconoscere nella voce di “Mario”, il misterioso telefonista del rapimento di Emanuela Orlandi, un killer al servizio di Enrico De Pedis. In una intervista concessa ad un giornalista di Repubblica Mancini ha raccontato di aver affidato, prima di essere arrestato, un miliardo e trecento milioni di lire a Enrico Nicoletti, considerato il cassiere della banda. Quest'ultimo li avrebbe girati a Danilo Coppola, imprenditore romano. Questo getta un'ombra sulle attività di Coppola e sul potere finanziario che ancora oggi la Banda della Magliana avrebbe negli ambienti della capitale.
Adesso Antonio Mancini sta scontando agli arresti domiciliari gli ultimi scampoli di pena; inoltre, si dedica all’assistenza di ragazzi disabili.



“A PORTARE A WOJTYLA LA FOTO SCATTATA IN PISCINA CON LE SUORE FU GELLI IN PERSONA”

MORO: “FUMMO NOI A TROVARE IL COVO DI VIA MONTALCINI. LA NOTIZIA A FLAMINIO PICCOLI. LE BR ERANO COMPLETAMENTE ETERODIRETTE DAI SERVIZI, INFILTRATE DALLO STATO” 

“NICOLETTI GESTIVA I NOSTRI SOLDI E QUELLI DI ANDREOTTI, CONTEMPORANEAMENTE” 

“PECORELLI L'ABBIAMO UCCISO NOI E I SICILIANI. DE PEDIS AVEVA LA PISTOLA CON CUI ERA STATO AMMAZZATO E DORMIVA A VILLA BORGHESE IN UNA CASA DEI SERVIZI SEGRETI”

STRAGE DI BOLOGNA? FURONO I FASCISTI MANOVRATI DALLO STATO. FORSE DELLE CHIAIE” -


DOCUMENTI
   

sabato 8 giugno 2013

NCO - Nuova Camorra Organizzata




La Nuova Camorra Organizzata (conosciuta anche con l'acronimo NCO) è l'organizzazione camorristica creata da Raffaele Cutolo, boss di camorra, negli anni settanta in Campania. Si ingrandì enormemente agli inizi degli anni ottanta coinvolgendo gli altri clan di camorra in sanguinose guerre.
Fu soppiantata dalla Nuova Famiglia, una confederazione di clan creata ad hoc da boss quali Carmine Alfieri, Luigi Giuliano, Pasquale Galasso, e da altre famiglie camorristiche come i Nuvoletta di Marano (in provincia di Napoli), i Vollaro di Portici, i Mallardo di Giugliano e i casalesi di Antonio Bardellino e Mario Iovine. La NCO fu considerata estinta alla fine degli anni ottanta, quando molti dei boss furono uccisi o arrestati.


I primi anni 
Il fondatore di questa organizzazione è Raffaele Cutolo, detto anche "il sommo" o "il professore" (in napoletano: o' prufessòre), nato a Ottaviano, piccolo centro alle porte di Napoli, ai piedi del Vesuvio. Il professore conosce da giovane le sbarre del carcere per un omicidio commesso nel 1963, ma trasforma la carcerazione nel suo trampolino di lancio. L'organizzazione nacque nel padiglione Milano del carcere di Poggioreale a Napoli all'inizio degli anni settanta, per iniziativa di Cutolo e di vari compagni di cella tra cui Raffaele Catapano, Pasquale D'Amico e Michele Iafulli. Cutolo si ispirò, inizialmente, ai rituali della Bella Società Riformata, l'organizzazione camorristica napoletana di inizio '800, e della Confraternita della Guarduna, associazione criminale spagnola del XVII secolo. Uno dei documenti audio ritrovati che testimoniano questi rituali è il cosiddetto "giuramento di Palillo", un giuramento cerimoniale di iniziazione registrato su audiocassetta sequestrato a Giuseppe Palillo, affiliato di Cutolo, al momento del suo arresto. La cassetta conteneva suoni e canzoni e un lungo monologo. La voce non fu riconoscibile in maniera chiara, essendo l'audio di pessima qualità, ma tutto lasciava pensare che fosse quella dello stesso Cutolo. La cerimonia veniva definita, nel gergo camorristico, "battesimo", "fedelizzazione" o "legalizzazione." L'apertura del monologo si soffermava sul valore dell'omertà: Omertà bella come m'insegnasti, pieno di rose e fiori mi copristi, a circolo formato mi portasti dove erano tre veri pugnalisti. La storia che segue racconta dei camorristi spagnoli che, dopo essere stati esiliati dalle loro terre, giunsero in Campania, in Calabria, in Sicilia e in Sardegna dove fondarono una "società divina e sacra". Dopo una nuova dispersione, fu trovato l'accordo per la definitiva riconciliazione nelle stanze del castello di Ottaviano, luogo che per Cutolo aveva da sempre avuto un valore simbolico. Fino a quando sette cavalieri raccolsero il potere della società e lo consegnarono a Cutolo. Seguiva poi la descrizione della cerimonia con il taglio sul braccio e il patto di sangue per rendere effettiva la "fedelizzaizone". Tra i passaggi più significativi del giuramento di Palillo, documento esemplare degli ideali di tutta la controcultura criminale cutoliana, che faceva leva sulla disoccupazione dilagante e sulle ingiustizie sociali, vi era il seguente, che suonava profetico e al tempo stesso cupo e minaccioso nei confronti degli stessi affiliati:
« Un camorrista deve sempre ragionare con il cervello, mai con il cuore... Il giorno in cui la gente della Campania capirà che vale più un tozzo di pane libero che una bistecca da schiavo, quel giorno la Campania ha vinto veramente... Noi siamo i cavalieri della camorra, siamo uomini d'onore, d'omertà e di sani princìpi, siamo signori del bene, della pace e dell'umiltà, ma anche padroni della vita e della morte. La legge della camorra a volte è spietata, ma non ti tradisce. »
La formula d'apertura era: "Con parole d'omertà è formata società". Il giuramento finale era: "Giuriamo di dividere con lui gioie, dolori, sofferenze... però se sbaglia e risbaglia ed infamità porta è a carico suo ed a discarico di questa società e responsabilizziamo il suo compare di sangue". L'elenco di tutti i "fidelizzati" sarebbe poi stato conservato presso una delle stanze del castello di Ottaviano, nascosto in una nicchia nella parete e tenuto in cura dalla sorella di Cutolo, Rosetta.

La struttura
Al vertice del gruppo c'è ovviamente Cutolo, definito "il Vangelo", che faceva le veci del vecchio capintesta della Bella Società Riformata ma, a differenza di questi che veniva eletto nel corso di riunioni tenute da rappresentanti dei vari quartieri di Napoli, Cutolo è il capo indiscusso per volontà divina, da cui dipende la vita e la morte di tutti. Al livello sottostante vi è la cassiera dell'organizzazione, la sorella Rosetta. Seguono quindi i santisti, ossia i bracci destri di Cutolo, che cambiarono nel corso degli anni. Tra di essi vi furono Corrado Iacolare, Vincenzo Casillo, Pasquale Barra, Antonino Cuomo. Seguono quindi gli sgarristi, i capizona o referenti territoriali che si divisero Napoli e Salerno con le rispettive province. Gli affiliati vennero definiti semplicemente picciotti. Vi erano infine gruppi speciali di affiliati, definiti batterie, ossia la manovalanza di killer pronti ad uccidere chiunque al primo comando. Alla cerimonia di affiliazione dovevano partecipare cinque persone: il Vangelo, un affiliato favorevole ed uno sfavorevole, il contabile e il maestro di giornata. Gli ultimi due avevano il compito di "registrare" la "fedelizzazione" in caso di esito positivo.
Pasquale Barra
Per quanto riguarda i rapporti comunicativi con l'esterno, di fondamentale importanza dato che la maggior parte dei principali esponenti della NCO erano ergastolani, Cutolo sviluppò due strutture parallele, una all'interno del sistema penitenziario chiamata "cielo coperto", e l'altra al di fuori chiamata "cielo scoperto". Per mantenere la sua leadership, Cutolo necessitava di trasmettere i suoi ordini ai membri della NCO al di fuori del carcere in modo efficace e affidabile, assicurando al contempo che una parte dei profitti generati fosse consegnata all'interno del carcere in modo da poter espandere la sua campagna di reclutamento. Le particolari condizioni del carcere di Poggioreale, che includevano la sua posizione strategica nel centro di Napoli e il flusso continuo di persone come affiliati liberi sulla parola e parenti dei carcerati, consentirono a Cutolo di coordinare con successo le attività criminali dalla sua postazione centralizzata, da cui inviava direttive agli associati per le operazioni esterne. I parenti venivano utilizzati principalmente come corrieri di informazioni, ma, quando questi non erano disponibili, false parentele venivano certificate attraverso la collaborazione, più o meno forzata, degli impiegati nei comuni in cui gli affiliati erano residenti; ciò avvenne in particolare per il comune nativo di Cutolo, Ottaviano. Il Dipartimento di Giustizia scoprì nel 1983, che Cutolo era stato visitato quasi ogni giorno da luglio 1977 a dicembre 1978 da Giuseppe Puca che utilizzava un documento secondo cui risultava cugino di primo grado di Cutolo. Cutolo aveva anche ricevuto tre visite da un altro suo affiliato che risultò, nell'ordine, cognato, compare e infine cugino di primo grado; tutte relazioni parentali formalmente iscritte nel registro comunale.
Rosetta Cutolo
Cutolo istituì anche il cosiddetto soccorso verde per aiutare la popolazione carceraria, fornendo loro abiti, avvocati, consulenza legale, soldi per sé stessi e per le loro famiglie, e anche regali come articoli di lusso. Fin dalla prima affiliazione, Cutolo aveva istituito un fondo di 500.000 lire per ogni affiliato. I soldi venivano versati ai carcerati, in tutta Italia, tramite il sottogruppo di Rosetta Cutolo, che disponeva di diversi corrieri ed era considerata la cassiera dell'organizzazione. Nel tentativo di controllare l'intera regione, Cutolo superò e andò oltre la struttura familistica tipica della camorra urbana. La NCO aveva una struttura aperta e poteva contare su circa 1.000 nuovi affiliati all'anno. L'affiliazione era aperta a tutti, bastava solo giurare fedeltà a Cutolo e giurare di contribuire alle attività criminali comuni. Tuttavia, non appena il business dell'organizzazione si ampliò a dismisura e c'era bisogno di più manodopera, il reclutamento divenne più aggressivo e, in seguito, anche obbligatorio. In prigione, i carcerati venivano costretti a diventare membri della NCO. In caso contrario, potevano subire una punizione corporale o addirittura una vendetta trasversale. L'organizzazione era una sorta di federazione di diversi clan, ognuno con la sua area territoriale di riferimento, ma gerarchicamente ordinata e strettamente controllata da Raffaele Cutolo. Al di fuori del carcere, veniva indetta una riunione esecutiva, ogni quindici giorni, in cui Rosetta Cutolo, raccoglieva le informazioni da riferire poi al fratello nelle visite in carcere.


Il dopo-terremoto 
Servendosi dei ricavati delle tangenti imposte dai suoi fedelissimi fuori dal carcere, Cutolo riesce ad investire attentamente i guadagni all'interno dello stesso carcere di Poggioreale per aiutare le condizioni dei giovani detenuti, soprattutto quelli destinati a uscire presto. Tra le motivazioni addotte dal Cutolo per attrarre sempre più nuovi affiliati vi sono quelle legate a quelle che lui riteneva le ingerenze della mafia siciliana negli affari criminali campani. Solo con un'organizzazione forte ed unita Napoli e la Campania avrebbero potuto contrastare la forte avanzata di Cosa Nostra, soprattutto nel campo del contrabbando e dello smistamento di stupefacenti. Oltre a tentare di costruire un'identità regionale su basi delinquenziali, Cutolo usa anche il suo ascendente per ricomporre liti e dispute all'interno del carcere. I risultati non si fanno attendere: la popolarità tra gli ex-detenuti è altissima i legami di gratitudine sono molto saldi e un mare di soldi comincia ad affluire nelle casse del Professore. Già nel 1980 la NCO poteva contare su circa 7.000 affiliati. Le offerte in danaro sono però il primo passo per creare una falange di fedelissimi. Il passaggio da gruppo di affiliati legati da un patto di sangue ad organizzazione affaristica ramificata come una holding e connessa con la politica e con gli ambienti finanziari, avvenne dopo il terremoto del novembre del 1980, quando le cellule cutoliane cominciarono ad infiltrarsi negli appalti per la ricostruzione o a richiedere tangenti ai grossi cantieri che nascevano come funghi a Napoli e provincia e in buona parte della Campania.


Nella relazione sulla camorra, presentata nel 1993 dalla Commissione Parlamentare Antimafia, la veloce diffusione della NCO da semplice banda carceraria ad holding mafiosa viene spiegata come segue:
« Ad un ceto delinquenziale sbandato e fatto spesso di giovani disperati, Cutolo offre rituali di adesione, carriere criminali, salario, protezione in carcere e fuori. Si ispira ai rituali della camorra ottocentesca, rivendicando una continuità ed una legittimità che altri non hanno. Istituisce un tribunale interno, invia vaglia di sostentamento ai detenuti più poveri e mantiene le loro famiglie. La corrispondenza in carcere tra i suoi accoliti è fittissima e densa di espressioni di gratitudine per il capo, che si presenta alcune volte come santone e altre come moderno boss criminale.
Vive di estorsioni, realizzate anche attraverso la tecnica del porta a porta. Impone una tassa su ogni cassa di sigarette che sbarca. Vuole imporsi ai siciliani, che non si sottomettono. Impera con la violenza più spietata. »

(Commissione Parlamentare Antimafia, 1993f, pp. 43-44)
Vallanzasca e Turatello
Anche le alleanze con altre realtà delinquenziali extra-regionali diventano numerose: oltre che con la Sacra Corona Unita pugliese (da lui fu creato un ramo nel 1979 capeggiato dai fratelli Spedicato e Guerrieri che gli si ribellò successivamente per la sua indipendenza), Cutolo stringe i rapporti con la 'ndrangheta, in particolare con le cosche Piromalli, De Stefano e Mammoliti. Con la sua breve latitanza tra il 1978 e il 1979, Cutolo stringe anche accordi con le bande lombarde di Renato Vallanzasca (detto "il bel Renè") e Francis Turatello e quelle pugliesi (Nuova Camorra Pugliese e Sacra corona unita). Dopo essere diventato compare di Vito Genovese, Cutolo vola a New York, sotto il falso nome di Prisco Califano, per incontrare gli esponenti della famiglia mafiosa italo-americana dei Gambino.
Quando considera la sua organizzazione oramai matura, Cutolo decide di imporre una tassa persino sulle casse di sigarette a tutti gli altri clan camorristici di Napoli. Nel 1978 Michele Zaza (noto contrabbandiere napoletano legato con la mafia siciliana) e i suoi creano una banda denominata Onorata fratellanza, ma Cutolo non se ne preoccupa e si infiltra in nuovi territori.

La Nuova Famiglia
Quando tenta di prendere il controllo della zona del centro di Napoli (Forcella, Duchesca, Mercato, Via del Duomo) nelle mani dei potenti Giuliano, questi si alleano con i clan di San Giovanni a Teduccio e di Portici e con i boss Carmine Alfieri e Pasquale Galasso.
Alla fine del 1978 nasce la cosiddetta Nuova Famiglia, formatasi da una precedente alleanza denominata "Onorata Fratellanza", una confederazione di clan creata ad hoc per eliminare i cutoliani. E scoppia la guerra. È una guerra senza quartiere: nel solo napoletano, nel 1979 si registrano 71 omicidi; l'anno successivo sono 134 e salgono a 193 nel 1981, a 237 nel 1982, a 238 nel 1983, per scendere a 114 nel 1984. Anche la NF fece un uso propagandistico dell'affiliazione con relativo cerimoniale per attrarre sempre più giovani sbandati. Il giuramento ufficiale di affiliazione fu trovato nell'auto di Mario Fabbrocino e ricalcava in maniera spudorata quello della NCO, rifacendosi ai valori della fedeltà e dell'omertà.
Quando nella Nuova famiglia subentrano anche i Nuvoletta, gli Alfieri, i Galasso, i Misso della Sanità e soprattutto i Casalesi, la guerra si conclude con un indebolimento dei cutoliani e con un rafforzamento della presenza camorristica nel napoletano.Alla fine degli anni ottanta una serie di blitz e una catena di omicidi (tra cui quello del figlio di Cutolo, Roberto, e quello del suo avvocato, Enrico Madonna), mettono la parola fine all'ascesa cutoliana.


I casi giudiziari
Ciro Cirillo sequestrato dalle Br
Oltre alla feroce guerra in corso, che già da sola riusciva a riempire quotidianamente le prime pagine dei giornali locali, si ricordano diversi casi di cronaca giudiziaria che tennero banco per tutti gli anni ottanta e buona parte degli anni novanta. Tra di essi vi fu il caso dei falsi pentiti, una falange cutoliana di pluricondannanti che cercarono di sviare le indagini a carico della NCO con false dichiarazioni che coinvolsero anche personaggi del tutto estranei, come Enzo Tortora. Altri casi ancora oggi oscuri fecero parlare di Cutolo e della sua organizzazione. Uno di essi è legato al presunto coinvolgimento dei servizi segreti nella liberazione dell'assessore Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate rosse nel 1981 e poi liberato grazie all'intermediazione di Cutolo.  Un altro a quello dell'autobomba scoppiata nel 1983 a Roma che provocò la morte di Vincenzo Casillo,  braccio destro di Cutolo, di cui si disse, a più riprese, che fosse legato a frange deviate dei servizi segreti del Sisde, cosa che Cutolo ribadì più volte nel corso dei numerosi processi a suo carico affermando che il Casillo fosse addirittura in possesso di un tesserino.