Mario Roatta
Generale, nato a Modena il 2 gennaio 1887. Sottotenente di fanteria nel 1906, fu promosso capitano nel 1914. Partecipò alla prima Guerra mondiale sui fronti italiano e francese, meritandosi varie decorazione al valore. Nel dopoguerra fu insegnante alla Scuola centrale di fanteria e addetto militare a Varsavia, Riga, Tallin ed Helsinki. Chiamato al Ministero della guerra, gli fu affidato il Servizio informazioni militari (SIM). Nominato generale di brigata per meriti eccezionali dopo lo scoppio della guerra civile in Ispagna (1936-39), fu colà destinato come capo della missione militare italiana. Rimpatriò, nel 1938, con il grado di generale di divisione e, nel 1939, venne inviato come addetto militare a Berlino. Promosso generale di corpo d'armata, fece ritorno in patria per assumere la carica di sottocapo di stato maggiore dell'esercito.
Dal marzo 1941 al gennaio 1942 fu capo di stato maggiore e, poi, comandante della 2ª armata in Croazia e della 6ª in Sicilia. Dal giugno al novembre 1943 fu di nuovo capo di stato maggiore e come tale seguì, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il re e il governo a Brindisi. Nel 1945, sottoposto a processo perché imputato, tra l'altro, di atti rilevanti per aver contribuito a mantenere in vita il fascismo, si sottrasse al giudizio con la fuga, senza più dare notizie di sé. La condanna all'ergastolo, che gli era stata inflitta in contumacia, fu annullata nel 1948 dalla Corte di cassazione; nel febbraio 1949 fu anche prosciolto, in istruttoria, dall'accusa per la mancata difesa di Roma. È richiesto come criminale di guerra dalla Iugoslavia.
Non fu dato corso all'estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della cosiddetta "amnistia Togliatti"[ intervenuta il 22 giugno 1946, e di quella definitiva del 18 settembre 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948.
Roatta ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma nel 1968. Scrisse un famoso memoriale difensivo: Sciacalli addosso al SIM (Roma 1955).
Roatta fondatore dell'Anello?
La scoperta dell'esistenza di questa struttura segreta venne alla luce nel 1996, grazie al lavoro del saggista Aldo Giannuli che, per conto del giudice milanese Guido Salvini e la Procura di Brescia, nell'ambito delle sue indagini sul terrorismo nero e sulla strage di Piazza Fontana, scoprì una serie di documenti in un archivio dell’Ufficio Affari Riservati abbandonato sulla via Appia Nuova, a Roma. Nel novembre del 2000, poi, la procura inviò tutti gli atti alla Commissione parlamentare sulle stragi.Salvini si è ritrovato tra le mani un appunto datato 4 aprile 1972 che recita pressappoco così: Questa è la storia di un servizio di informazioni che opera in Italia dalla fine della guerra e che è stato creato per volontà dell’ex capo del Sim Generale Roatta […]Compito del servizio fu sempre quello di ostacolare l’avanzata delle sinistre e di impedire una sostanziale modifica della situazione politica italiana Tra quelle carte si giocano gran parte degli ultimi cinquant’anni della storia d’Italia. Stefania Limiti, giornalista dell’Unità, le ha catalogate, analizzate, contestualizzate e svelate nel suo ultimo libro, L’Anello della Repubblica – Ed. Chiarelettere. Per farla breve: dopo l’8 settembre in Italia si formano due Stati. La Repubblica Salò e il Regno del Sud. In questo contesto Mario Roatta, ex capo del Sim, il servizio segreto militare, e all’epoca capo di stato maggiore dell’esercito, costituisce un organismo segreto, sottoposto alle “informali” dipendenze del capo del Governo. Ne fanno parte circa 170 persone. Militari, politici, giornalisti e faccendieri d’ogni tipo. Il compito all’inizio è uno: impedire che i comunisti vadano al governo. In seguito la struttura si preoccuperà di condizionare il sistema politico con mezzi illegali e, più in generale, di svolgere i lavori più sporchi, quelli troppo compromettenti per i servizi segreti ufficiali.
“UN ORGANISMO A SE’ STANTE, CON COMPITI POLITICI” – «In Italia ci sono state molte organizzazioni segrete – spiega Stefania Limiti, l’autrice del libro – questa però è assolutamente particolare. È un organismo a sé stante, completamente clandestino: utilizza i mezzi e la logistica delle strutture ufficiali, ma ne è completamente staccato. Anche dal punto di vista delle finalità. L’Anello è completamente differente dal progetto Gladio, per capirci. Questo ha dei fini militari ed è sorto sotto l’ombrello della Nato. Si tratta di un’organizzazione composta da uomini di fiducia che sarebbero dovuti entrare in azione nel caso di una fantomatica invasione russa. L’Anello non ha dei compiti propriamente militari. Svolge servizi informativi di tipo politico; fa pulizia, insabbia – continua la Limiti – E non è definibile come una struttura deviata. Questa nasce laddove più persone agiscono di comune accordo in funzione di scopi diversi da quelli ufficiali. In questo caso ci troviamo di fronte a una struttura a parte, non deviata. Ancora: le strutture deviate sono composte da personaggi dei servizi segreti stessi. In questo caso i protagonisti non hanno nessuna divisa. Basti pensare che Titta è un civile».
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