Francesco Pazienza è nato a Monteparano (Ta) il 17 marzo 1946 . Laureato in medicina, non ha mai esercitato la professione preferendo dedicarsi alla mediazione d' affari. Nel 1979 conosce il generale Giuseppe Santovito, futuro direttore del Sismi con cui collabora soprattutto in Francia e Stati Uniti. Nel 1981 compare nella trattativa tra camorra, servizi segreti e Dc per la liberazione di Ciro Cirillo rapito dalle Br. Nello stesso periodo diventa il braccio destro del banchiere Roberto Calvi.
Pazienza si era rifugiato negli Stati Uniti d'America, dove fu raggiunto da una prima richiesta di estradizione dell'Italia al governo statunitense nel 1984, ma non fu arrestato dalle autorità americane fino al 4 marzo 1985. La procedura di estradizione proseguì ed un giudice gli ordinò di farsi sottoporre a processo in Italia.
Un ricorso in appello di Pazienza non cambiò le cose, e perciò venne consegnato al governo Italiano nel giugno del 1986.
Per il crac del Banco Ambrosiano è condannato a 8 anni per concorso in bancarotta fraudolenta. Per la strage di Bologna è condannato a 10 anni di reclusione per calunnia aggravata è un faccendiere e agente segreto italiano noto per il suo coinvolgimento in vari episodi oscuri di terrorismo e stragismo.
Dall'aprile del 2007, si trova in Libertà vigilata nel comune di Lerici, dopo aver trascorso diversi anni in prigione.
Mehmet Ali Ağca
Dopo l'attentato a Giovanni Paolo II nel 1981 da parte di Mehmet Ali Ağca, questi dichiarò di essere stato visitato da Pazienza nella sua cella ad Ascoli Piceno (ciò fu dichiarato però solo dopo che il giudice convocò Pazienza in aula). Questa visita di Pazienza ad Ağca fu dichiarata anche dal mafioso Giovanni Pandico. Dalla sua prigione a New York, Pazienza negò di aver mai fatto visita ad Ağca.
Pazienza fu interrogato su questi fatti a New York dal giudice istruttore italiano Ilario Martella. Poco tempo dopo, Martella ritirò le accuse che Ağca fosse stato "addestrato" da presunti elementi dell'intelligence militare italiana.
Rapimento di Ciro Cirillo
Pazienza fu coinvolto personalmente nei negoziati per il rilascio dell'assessore democristiano ai lavori pubblici della Regione Campania (ed ex presidente della stessa) Ciro Cirillo, sequestrato il 27 aprile 1981 dalle Brigate Rosse. Egli portò avanti le trattative con Vincenzo Casillo, principale luogotenente del boss camorrista Raffaele Cutolo.
Banco Ambrosiano
Durante la sua latitanza, Pazienza fu interrogato negli Stati Uniti da alcuni funzionari doganali circa la scomparsa di fondi dal Banco Ambrosiano. Pazienza dichiarò che questi funzionari doganali gli avevano riferito che Stefano Delle Chiaie era stato visto a Miami, Florida, con un turco non identificato, e ripeté la sua posizione durante il suo coinvolgimento nel processo sulla Strage di Bologna.Non è ancora chiaro se questo turco era Oral Çelik o Abdullah Çatlı.
La strage alla stazione di Bologna
Pazienza fu condannato nel 1988 per aver tentato di depistare le indagini sulla strage di Bologna, sistemando lo stesso tipo di esplosivo in un treno Milano - Taranto nel 1981. Nel 1990, la sua condanna fu ribaltata in appello, ma un nuovo processo terminò con una condanna definitiva nel 1995.
INTERVISTA PAZIENZA-GABANELLI
Milena Gabanelli per "la Repubblica"
Francesco Pazienza ha scontato 10 anni per depistaggio alle indagini sulla strage di Bologna, altri 3 per il crac Ambrosiano e associazione a delinquere. Amico di Noriega, frequentatore dei servizi segreti francesi, americani e sudamericani, nel 1980 è a capo del Super Sismi.
Braccio destro di Licio Gelli, il suo ambiente è il sottobosco di confine fra l´alta finanza e l´alta criminalità, l´alta politica e il Vaticano. Protagonista delle vicende più tragiche della storia italiana degli anni ‘80, è depositario di informazioni mai rivelate, altre raccontate a modo suo. Laureato in medicina a Taranto, non ha mai indossato un camice.
Negli anni ‘70 vive a Parigi e fa intermediazioni d´affari per il miliardario greco Ghertsos. Poi l´incontro con il capo del Sismi, Santovito. Grandi alberghi, yacht, belle donne, sigari rigorosamente cubani e tagliasigari d´oro. Un´altra epoca. Adesso ha 62 anni e fuma le Capri, mentre cammina da uomo libero sul lungomare di Lerici.
Cominciamo dall´inizio: come avviene l´incontro con Santovito?
«Me lo presentò l´ingegner Berarducci, oggi segretario generale dell´Eurispes. Santovito era suo zio, e mi chiese di fare il suo consulente internazionale».
E perché Santovito le dà questo incarico senza conoscerlo prima?
«Sa, io parlavo diverse lingue e avevo un sacco di relazioni in giro per il mondo.
Normalmente non avviene così, ma all´epoca era quasi tutto improntato all´improvvisazione».
E in cambio cosa riceveva?
«Rimborso spese. Siccome non avevo bisogno di soldi, era quello che volevo: se volevo andare a New York in Concorde, andavo in Concorde. Mi sembrava tutto molto avventuroso».
Si dice che lei sia stato determinante nella sconfitta di Carter contro Reagan.
"La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: "Guarda che quando c'è stata la festa per l'anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash", che era il capo del Flp. E a quel punto disse: "Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l'ira di Dio"".
E le prove come se le era procurate?
"Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l'avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D'Amato, la testa degli affari riservati del Viminale".
"La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: "Guarda che quando c'è stata la festa per l'anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash", che era il capo del Flp. E a quel punto disse: "Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l'ira di Dio"".
E le prove come se le era procurate?
"Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l'avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D'Amato, la testa degli affari riservati del Viminale".
Il Viminale ha dunque interferito nelle elezioni di un paese alleato?
«Sissignore, però la débacle ci sarebbe stata ugualmente, ma non in misura così massiccia».
Lei, che non è un militare, diventa capo del Super Sismi. Cos´era?
«Il Super Sismi ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona».
Marzo 1981, le Br sequestrano l´assessore campano Cirillo. Lei che ruolo ha avuto?
«Un ruolo importante. Fui sollecitato da Piccoli, allora segretario della Dc. Incontrai ad Acerra il numero due della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, Nicola Nuzzo. Mi disse che in dieci giorni Cirillo sarebbe stato liberato, e così è stato».
Chi ha pagato?
«Non i servizi. Il giudice Alemi disse di aver scoperto che furono i costruttori napoletani a tirar fuori un miliardo e mezzo di lire, che finirono alle Br».
Piccoli cosa le ha dato per questa consulenza?
«Niente, assolutamente niente, eravamo amici, non c´era un discorso mercantilistico». (Del miliardo e mezzo, alle Br finiscono 1.450 milioni. Chi ha imbustato i soldi del riscatto sarebbe Pazienza, che, secondo vox populi, avrebbe taglieggiato le Br tenendo per sé 50 milioni).
A gennaio 1981 sul treno Taranto-Milano viene piazzata una valigia con esplosivo della stessa composizione di quello usato nella stazione di Bologna... Ci sono dei documenti intestati a un francese e un tedesco, indicati dai servizi come autori di stragi avvenute a Monaco e Parigi. Si scoprirà poi che si trattava di depistaggio.
«Il depistaggio è stato fatto dal Sismi per non fare emergere la vera verità della bomba di Bologna. Secondo l´allora procuratore Domenico Sica c´era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l´Eni. Vada negli archivi delle sedute parlamentari: il 4 agosto 1980, Spadolini in persona presentò un´interrogazione parlamentare in cui attribuiva la bomba di Bologna a origini straniere mediorientali».
Ma qual era l´interesse mediorientale?
«L´Italia non poteva sottrarsi agli obblighi Nato, e quindi doveva fare un accordo con Malta, per proteggerla in caso di attacchi del colonnello Gheddafi. L´accordo fu firmato, e Gheddafi fece la ritorsione. Ustica porta la stessa firma. Me lo ha raccontato Domenico Sica. Quando tolgono il segreto di Stato la verità salterà fuori».
Lei è stato condannato a 10 anni per depistaggio, qualche prova a suo carico evidentemente c´era, i servizi segreti li comandava lei.
«Le prove a mio carico erano dovute al fatto che sono stato il braccio destro, mandato dagli americani, per sostituire Licio Gelli alla guida della P2. E siccome Gelli era il motore primo del depistaggio, io che ero il suo braccio destro, automaticamente...».
Quando è scoppiata la bomba a Bologna dov´era?
«A New York».
84 morti e 250 feriti, nel suo paese. Lei è consulente del Sismi, non ha pensato: "Adesso bisogna trovare chi è stato"?
«Io no. Perchè non è mio compito. I servizi segreti sono come un´azienda. Giusto? Se tu ti occupi di una cosa, non è che dici "adesso parliamo di Bologna, parliamo di Ustica"...».
1982. Calvi viene impiccato sotto un ponte. Si è parlato di un suo coinvolgimento.
«Sì, e qual era il mio interesse? Io non sono stato mai neanche indagato nell´omicidio Calvi. La sua morte è un mistero anche per me, comunque non si uccide Calvi a livello di Banda della Magliana... E non mi venga a dire che l´MI5 non sapesse che Calvi si trovava a Londra da giorni! I giochi di potere erano molto più grossi. Capisce cosa voglio dire?».
No.
«La morte di Calvi e lo scandalo del Banco Ambrosiano avrebbero imbarazzato pesantemente il Vaticano, che insieme all´Arabia Saudita voleva Gerusalemme città aperta a tutte le religioni, e Israele era contrario. Poi c´era lo scontro politico interno italiano, c´erano i comunisti, che hanno preso una valanga di soldi dal Banco Ambrosiano. Non è così semplice dire è A, B o C».
Di chi erano i soldi che andavano verso la Polonia?
«Arrivavano dai conti misti Ior-Banco Ambrosiano. L´organizzatore era Marcinkus d´accordo con papa Wojtila. Sono stato io a mandare 4 milioni di dollari in Polonia».
Ma come ha fatto tecnicamente?
«Vicino a Trieste, abbiamo fatto preparare una Lada col doppio fondo e dentro c´erano 4 milioni di dollari di lingottini d´oro di credito svizzero. Era aprile 1981, un prete polacco venne a ritirare questa Lada e la portò a Danzica. Qual era il discorso? Agli operai in sciopero non potevamo dare gli zloty, né i dollari perché i servizi segreti polacchi se ne sarebbero accorti. Anche perché lei può fare il patriota come vuole, però se a casa ha 4 bambini e non ha come farli mangiare, lo sciopero non lo fa. Giusto?».
Ma lei perché si portava su un aereo dei servizi segreti un ricercato per tentato omicidio, braccio destro di Pippo Calò, capo della banda della Magliana?
«Lei sta parlando di Balducci. Io sapevo che era uno strozzino, ma non è mai salito su un aereo dei servizi. Usava lo pseudonimo di Bergonzoni e una volta lo feci passare a Fiumicino mentre proveniva da Losanna. Era un favore che mi chiese il prefetto Umberto D´Amato, suo amico intimo». (Per questo "favore" Pazienza fu condannato per favoreggiamento e peculato: fu accertato che aveva trasportato, su un aereo dei servizi, il latitante Balducci sotto falso nome).
Nell´84 lei deposita da un notaio un documento intitolato "operazione ossa". "Ossa" starebbe per Onorata Società Sindona Andreotti. Che cos´era?
«All´epoca c´era il pericolo che Sindona potesse inventare dei coinvolgimenti di Andreotti in questioni di crimini organizzati. Bisognava capire cosa volesse fare Sindona per tirarsi fuori dai guai prima di rientrare in Italia quando si trovava nel carcere americano di New York».
Ci siete riusciti?
«Non c´è stato bisogno di fare nessuna misura attiva, ne abbiamo fatta una conoscitiva».
La misura attiva qualcuno l´ha fatta quando è finito nel carcere italiano...
«Qui parliamo del 1986. Nel carcere italiano ha bevuto un caffè di marca Pisciotta...».
Lei in quante carceri ha soggiornato?
«Alessandria, Parma e alla fine a Livorno. Complessivamente ho fatto 12 anni di carcere gratis».
Non si ritiene colpevole di nulla?
«Zero. Le racconto una cosa, 30 marzo 1994: un maggiore della Dia, nome M. cognome M. mi dice: "Lei è un uomo informatissimo, ci deve raccontare di come portava le lettere di Fabiola Moretti (compagna di De Pedis, componente della banda della Magliana, coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi) al senatore Andreotti, nel suo ufficio privato. Sa, fra poco esce la sentenza di Bologna, e noi la mettiamo a posto".
Io gli ho detto: "A me di Andreotti non importa niente. Il problema è che quel che lei mi chiede di ricordare non è vero". Avevo il microfono addosso. Sa qual è la cosa comica? Che molti pensano che io sapessi di questo e di quell´altro e che non ho detto niente perché sono un duro. Non ho detto niente perché non sapevo. Capisce la differenza?».I
Quando è uscito dal carcere dove è andato?
«A casa dei miei genitori, comunque non è un problema ricominciare da capo».
Cosa fa ora per sbarcare il lunario?
«Il consulente per transazioni internazionali. Sto trattando un cementificio in Africa».
Come pensa di ricostruirsi una credibilità?
«La storia non è finita, sta cominciando il secondo tempo».
Nessun commento:
Posta un commento