mercoledì 20 marzo 2013

VINCENZO VINCIGUERRA



"Non si può fare la latitanza senza denaro. Non si può fare la latitanza senza appoggi. Potevo scegliere la strada che hanno seguito altri, di trovare altri appoggi, magari in Argentina presso i servizi segreti. Diventare cittadino argentino collaborando coi servizi segreti argentini. Potevo anche scegliere la strada della malavita. Però non sono portato né a fare il collaboratore dei servizi segreti, né a fare il delinquente. Quindi per ritrovare la mia libertà avevo soltanto una scelta. Che era quella di costituirmi. E questo ho fatto." 

Intervista a Vincenzo Vinciguerra, 8 luglio 2000, di Gigi Marcucci e Paola Minoliti


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Vincenzo Vinciguerra


(Catania, 3 gennaio 1949) è un ex terrorista italiano.
È un ex membro dei movimenti neo-fascisti Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo. In carcere dal 1979, sta scontando l'ergastolo per l'uccisione di tre carabinieri nella strage di Peteano del 1972. Le indagini di questo caso, per il quale erano stati incriminati sei cittadini goriziani innocenti, sono giunte a conclusione in seguito alla sua assunzione di responsabilità, nel 1984

La bomba di Peteano

Il 31 maggio 1972, a Peteano (frazione di Sagrado, in provincia di Gorizia) una Fiat 500, abbandonata con due fori di proiettili, esplose provocando la morte dei carabinieri Donato Poveromo, di 33 anni, Franco Bongiovanni, di 23 anni, Antonio Ferraro, di 31 anni. Una telefonata anonima aveva avvisato i carabinieri dell'auto sospetta, lasciata in sosta in un luogo periferico e isolato. Nel tentativo di aprire il cofano, i carabinieri vennero investiti dall'esplosione e restarono uccisi.


Il tentato dirottamento di Ronchi dei Legionari 

vinciguerra vincenzo
Il 6 ottobre 1972 Ivano Boccaccio, appartenente al gruppo di Ordine nuovo di Udine tentò all'aeroporto di Ronchi dei Legionari il dirottamento di un Fokker 27 diretto a Bari, chiedendo un riscatto di duecento milioni di lire. Liberò i sette passeggeri in cambio di un rifornimento di carburante ma, rimasto solo in seguito alla fuga dall'aereo dell'equipaggio, fu ucciso nell'attacco condotto dalla polizia. Nel 1975 Vinciguerra e Carlo Cicuttini furono inquisiti e processati per il tentativo di dirottamento: vennero assolti in primo grado, ma condannati in appello nel 1976.

L'espatrio

In vista dell'arresto per l'episodio di Ronchi dei Legionari, nell'aprile del 1974 Vinciguerra espatriò nella Spagna franchista, dove erano operative le basi della rete anticomunista internazionale nota come Aginter Press, guidata da Yves Guerin Serac. In Spagna, Vinciguerra conobbe Stefano Delle Chiaie e, convintosi dell'esistenza di una collusione tra Ordine nuovo e gli apparati militari e di intelligence italiani, decise di concludere la sua militanza nell'organizzazione e di aderire ad Avanguardia Nazionale. Nel giugno del 1977 si spostò nel Cile di Pinochet; successivamente, nell'aprile del 1978, si trasferì in Argentina.

Il rientro e la costituzione

Nel febbraio del 1979 rientrò a Roma e pose fine anche alla militanza in Avanguardia nazionale. A settembre dello stesso anno, ritenendo che fossero venute meno le condizioni per continuare la lotta contro lo Stato nei metodi fino ad allora adottati, si costituì spontaneamente.

Il processo 

Nel 1984 decise di assumersi la responsabilità dell'attentato di Peteano, non perché pentito, ma perché determinato a rendere pubblici i rapporti tra l'estrema destra e gli apparati dello Stato, che si erano attivati per coprire la matrice fascista dell'attacco. Alla base della sua decisione, non c'era quindi un ravvedimento, ma una scelta politica e ideologica:
« L’imputato (...) non ha inteso rendere una confessione che sia riconoscimento di condotte illecite, ma ha inteso assumersi una responsabilità nel quadro di una ricostruzione storica di avvenimenti che lo vedono tuttora convinto del valore del suo disegno politico all’interno del quale trovano giustificazione i singoli episodi delittuosi contestatigli. La sua figura di soldato politico non è mai venuta meno e mantiene intatta la sua posizione offensiva nei confronti dello Stato democratico »
Autoaccusandosi, Vinciguerra incolpò quei settori dello Stato che lo avevano protetto depistando le indagini sull'attentato. La sua posizione non fu quella del pentito né del collaboratore di giustizia:
« Una posizione indubbiamente singolare quella di Vincenzo Vinciguerra che a un certo momento decide di rendere determinate dichiarazioni sul retroterra di certi fenomeni eversivi guidato dall’intento di chiarire le ragioni della loro determinazione e del loro sviluppo più che riferire sulla realizzazione storica di singoli accadimenti dal punto di vista giudiziario. Dirà anche di questi ultimi, e con concretezza di particolari, nei limiti in cui coinvolge se stesso in determinati attentati, compresa la strage di Peteano, e quelle persone "che in base alle mie conoscenze e ai miei giudizi sono stabilmente inserite in apparati dello Stato, e ripeto che non faccio nomi invece delle persone a me ideologicamente affini e che comunque hanno agito in buona fede" »
Durante il processo, lo scontro con il giudice Felice Casson fu durissimo. Quest'ultimo cercò di dimostrare che l'esplosivo C-4 (il più potente esplosivo disponibile al momento) usato nell'attentato del 1972 provenisse dal deposito di armi di Gladio, nascosto nel sottosuolo di un cimitero vicino a

Verona, la cui esistenza venne rivelata ai giudici Casson e Mastelloni da Giulio Andreotti, ex Presidente del Consiglio. Le indagini del giudice Casson rivelarono che Marco Morin, un esperto di esplosivi che lavorava per la polizia italiana e membro del gruppo di estrema destra Ordine Nuovo, aveva volutamente fornito una falsa perizia, dichiarando che gli esplosivi usati fossero identici a quelli solitamente usati dalle Brigate Rosse. Tuttavia, Casson dimostrava che l'esplosivo usato era nei fatti il C-4, in dotazione alle forze NATO. A ciò si aggiungeva il fatto che una pattuglia di Carabinieri aveva accidentalmente scoperto il 24 febbraio 1972 un deposito di armi ad Aurisina,vicino Trieste, contenente armi da fuoco, munizioni e del C-4 identico a quello usato a Peteano lo stesso anno. Prova dunque delle connessioni fra il deposito di Gladio e la strage.[senza fonte] Una versione dei fatti che trova d'accordo lo storico Daniele Ganser:
Il tentativo di Casson di collegare Vinciguerra a Gladio e l'attentato di Peteano al Nasco di Aursina fu tuttavia fallimentare, perché emerse con tutta evidenza che l'azione rappresentava un attacco, ideologicamente motivato, contro lo Stato. Lo stesso giudice Guido Salvini, titolare dell'inchiesta sulla strage di piazza Fontana, lo scrisse chiaramente nella sua sentenza-ordinanza:
« L'attendibilità di Vincenzo VINCIGUERRA risulta decisamente avvalorata dal venir meno, con le indagini di questi ultimi anni, dell'ipotesi prospettata dal G.i. di Venezia, dr. Casson, secondo cui l'attentato di Peteano sarebbe stato in qualche modo connesso, forse sotto il profilo dell'esplosivo utilizzato, al deposito NASCO di Aurisina dell'organizzazione GLADIO e lo stesso VINCIGUERRA, lungi dall'essere un nazional-rìvoluzionario puro e coerente, sarebbe stato legato a GLADIO o, come altri ordinovisti, a qualche altro apparato istituzionale e di conseguenza l'attentato da lui commesso non sarebbe stato un gesto di attacco diretto contro lo Stato, unico in tale settore e quasi parallelo alle azioni delle Brigate Rosse, ma parte, sin dall'origine, della strategia della tensione e delle sue oscure connivenze (cfr. ordinanza del G.l. di Venezia in data 24.2.1989 nel procedimento Peteano-ter, ff.9 e ss., vol.27, fasc.2).
Mai una ricostruzione così infondata, sfornita non solo di qualsiasi elemento di prova, ma anche di qualsiasi dato indiziario, è stata così cara al mondo dei massmedia, soprattutto all'inizio degli anni '90, all'emergere del "caso GLADIO", tanto da essere ancora oggi riportata meccanicamente ogniqualvolta, nell'ambito di commenti ricostruttivi, viene rievocato l'attentato di Peteano. »
Le affermazioni di Vinciguerra trovarono invece puntuale riscontro. Per i depistaggi miranti a nascondere la matrice fascista dell'attentato vennero condannati in primo grado un generale e due colonnelli dei carabinieri, un perito balistico e due ufficiali dei servizi segreti.

La condanna

Al termine del processo, Vinciguerra venne condannato all'ergastolo perché riconosciuto come il responsabile dell'attenato. Rinuciò al ricorso in appello, dimostrando che le sue deposizioni non erano motivate dal desiderio di ottenere vantaggi personali.

Testimonianze

Negli anni successivi alla condanna, Vinciguerra cominciò a rendere pubblici numerosi particolari di sua conoscenza relativi agli anni di piombo e alla strategia della tensione. Per le sue affermazioni rese di fronte ai giudici non ha mai chiesto sconti di pena, per sottolineare la differenza tra la sua scelta di "soldato politico", interessato unicamente a far emergere la verità storica, e l'attività dei pentiti e dei collaboratori di giustizia.

Sulla strage di Bologna del 1980

Nel 1984, a domanda dei giudici circa la strage alla stazione di Bologna, Vinciguerra disse:
« Con la strage di Peteano, e con tutte quelle che sono seguite, la conoscenza dei fatti potrebbe far risultare chiaro che esisteva una reale viva struttura, segreta, con le capacità di dare una direzione agli scandali... menzogne dentro gli stessi stati... esisteva in Italia una struttura parallela alle forze armate, composta da civili e militari, con una funzione anti-comunista che era organizzare una resistenza sul suolo italiano contro l'esercito russo... una organizzazione segreta, una sovra-organizzazione con un rete di comunicazioni, armi ed esplosivi, ed uomini addestrati all'utilizzo delle stesse... una sovra-organizzazione, la quale mancando una invasione militare sovietica, assunse il compito, per conto della NATO, di prevenire una deriva a sinistra della nazione. Questo hanno fatto, con l'assistenza di ufficiali dei servizi segreti e di forze politiche e militari. »

Sulla NATO

Vinciguerra inoltre dichiarò al Guardian:
« La linea terroristica veniva eseguita da infiltrati, da persone all'interno degli apparati di sicurezza dello Stato, o collegate agli apparati di stato attraverso rapporti o collaborazioni. Dico che ogni singolo scandalo a partire dal 1969 ben si adattava in una matrice organizzata... Avanguardia Nazionale, come Ordine Nuovo (il più importante gruppo estremistico di estrema destra attivo negli anni settanta), erano pronti ad essere mobilitati in una battaglia come parte di una strategia anticomunista originata non con organizzazioni deviate dalle istituzioni di potere, ma dall'interno dello stato stesso, e specificatamente dall'interno dell'ambito delle relazioni di stato con l'Alleanza Atlantica. »

Sull'assassinio del generale Cileno Carlos Prats nel 1974

Insieme con Stefano Delle Chiaie, Vinciguerra testimoniò a Roma nel dicembre 1995 davanti al giudice Servini de Cubría. Secondo la testimonianza, Enrique Arancibia Clavel (un ex agente della polizia segreta cilena, perseguito per crimini contro l'umanità nel 2004) e l'espatriato statunitense agente DINA Michael Townley erano direttamente coinvolti nell'assassinio del generale cileno Carlos Prats, accaduto a Buenos Aires il 30 settembre 1974.
Sempre secondo Vinciguerra, anche l'attentato di Piazza Fontana del 1969 era stato pianificato per spingere l'allora presidente del Consiglio Mariano Rumor a dichiarare lo stato di emergenza.

Ipotesi di assassinio di Mariano Rumor

In un'intervista, Vincenzo Vinciguerra ebbe a dichiarare che gli era stato chiesto di assassinare Mariano Rumor.




DOCUMENTI

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