Noi con la P2 avevamo l'Italia in mano. Allora c'era l'Esercito, Guardia di Finanza, Polizia: erano nettamente comandate da tutta gente della loggia massonica P2. [...] Noi non abbiamo mai voluto attaccare e non si poteva attaccare, però eravamo una sentinella perché non emergesse il Partito Comunista.
(dall'intervista di Klaus Davi del 4 dicembre 2008)
Sono fascista e morirò fascista.
(durante la presentazione del suo programma televisivo «Venerabile Italia» a Firenze il 31 ottobre 2008; citato in Licio Gelli sbarca in tv ed è bufera nel mondo politico, RaiNews24, 2 novembre 2008)
Gelli sviluppò un'ossessione anticomunista dalla morte del fratello in Spagna ucciso dai comunisti
(Michele Sindona intervistato da EnzoBiagi)
Licio Gelli,
figlio di Ettore, mugnaio di Montale (PT), e di Maria Gori, nacque a Pistoia nel 1919, morì a 96 anni nel 2015.
Gelli partì volontario con il Corpo Truppe Volontarie appositamente costituito per partecipare alla Guerra civile spagnola in aiuto delle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco. Proprio in Spagna perse in battaglia il fratello maggiore Raffaello. Nel 1939 tornò in Italia e collaborò con la federazione fascista di Pistoia, scrivendo nel settimanale locale della federazione, il Ferruccio, la sua esperienza di guerra. Diventò anche impiegato del GUF, sebbene non ottenesse successi a livello universitario. Si fece comunque notare per la sua estrema serietà e precisione nello svolgere le mansioni a lui affidate: sembra che schedasse addirittura le marche delle sigarette fumate dagli studenti universitari.
Licio Gelli tessera del Fascio |
Nel gennaio 1940 pubblicò il suo primo libro: Fuoco! Cronache legionarie della insurrezione antibolscevica di Spagna.
Nel luglio 1942 come ispettore del Partito Nazionale Fascista, gli venne affidato il compito di trasportare in Italia il tesoro di re Pietro II di Jugoslavia: 60 tonnellate di lingotti d'oro, 2 di monete antiche, 6 milioni di dollari, 2 milioni di sterline che il SIM (Servizio Informazioni Militare) aveva requisito. Nel 1947 il tesoro venne restituito ma all'appello mancavano 20 tonnellate di lingotti da Gelli trasferiti in Argentina. È stato ipotizzato che parte di queste 20 tonnellate sarebbero tra i preziosi ritrovati nelle fioriere di villa Wanda, ma Gelli ha sempre smentito questa accusa.
Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica di Salò e conseguentemente divenne un ufficiale di collegamento fra il governo fascista e il Terzo Reich. Quando tuttavia la vittoria della guerra cominciò a rivelarsi impossibile per i nazi-fascisti, Gelli aderì al movimento partigiano. I contatti e le conoscenze abilmente acquisite mentre militava tra i fascisti gli consentirono di effettuare con efficacia il doppio gioco: cominciò quindi a trafugare e distribuire di nascosto ai partigiani i lasciapassare rossi della Kommandatura, e fornire ai suoi superiori informazioni fuorvianti per i rastrellamenti che erano in corso sugli Appennini. Insieme al partigiano pistoiese Silvano Fedi, che in seguito venne ucciso in circostanze poco chiare, partecipò alla liberazione di prigionieri politici dal carcere delle Ville Sbertoli, organizzata dal Fedi e dalla sua brigata, della quale facevano parte Enzo Capecchi e Artese Benesperi che furono gli artefici dell'azione.
Il 16 dicembre 1944 sposò Wanda Vannacci (nata a Pistoia 31 gennaio 1926 e deceduta il 14 giugno 1993) dalla quale ebbe quattro figli.
Licio Gelli libretto pensione |
Il dopoguerra
. Durante la sua direzione lo stabilimento diviene un via vai di politici ministri, vescovi e generali.
Dal 1948 al 1958, Gelli fu portaborse del deputato democristiano Romolo Diecidue, eletto nel collegio di Firenze-Pistoia. In seguito si dedicò alla scalata all'interno della Massoneria, fino a diventare Maestro Venerabile della loggia Propaganda 2 (detta P2) nella quale riuscì a concentrare un consistente numero di soggetti titolari di cariche politiche ed amministrative, per questo motivo posti "in sonno" ed i cui nomi sarebbero stati noti soltanto ("all'orecchio") del Gran Maestro. Benché per molti si trattasse soltanto di un'ulteriore e ben frequentata sede di affarismo politico, nel corso degli anni settanta essa si sarebbe qualificata per aver concentrato i protagonisti di un disegno eversivo, di cui fu traccia il "piano di rinascita democratica" redatto da Francesco Cosentino su istruzioni dello stesso Gelli.
Junio Valerio Borghese |
Questi nel 1970 avrebbe dovuto arrestare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, nell'ambito del fallito Golpe Borghese; Gelli ha sempre smentito questa ipotesi. Gelli è stato accusato di aver avuto un ruolo preminente nell' Operazione Gladio, una struttura clandestina di tipo "stay-behind", promossa dalla NATO e finanziata in parte dalla CIA allo scopo di contrastare l'influenza comunista in Italia, così come negli altri paesi europei. L'affaire Gladio è stato affrontato (anche giudizialmente) senza collegamenti diretti alla questione P2.
Gelli ripetutamente dichiarò in pubblico di essere stato uno stretto amico del leader argentino Juan Domingo Perón – e spesso ha affermato che tale amicizia è stata veramente importante per l'Italia, senza però aver mai spiegato perché – e proprio molti esponenti della camarilla di potere dell'ultimo peronismo, così come del golpismo uruguayano degli anni settanta, risultarono iscritti alla sua loggia massonica.
Gelli fu creato conte sul cognome dall'ex re Umberto II d'Italia con Regie Lettere Patenti di concessione del 10 luglio 1980. Gli venne concesso altresì il seguente stemma: "trinciato, alla catena d'oro sulla partizione; di rosso all'elmo piumato d'oro; d'azzurro alla croce latina d'oro, accompagnato da tre stelle d'argento a quattro raggi, male ordinate" con il motto "Virtute progredior".
La lista P2
Ricevuta versamento Berlusconi P2 |
Gelli falsi passaporti |
Tina Anselmi |
« L'esame degli avvenimenti ed i collegamenti che tra essi è possibile instaurare sulla scorta delle conoscenze in nostro possesso portano infatti a due conclusioni che la Commissione ritiene di poter sottoporre all'esame del Parlamento.
Michele Sindona |
La prima è in ordine all'ampiezza ed alla gravità del fenomeno che coinvolge, ad ogni livello di responsabilità, gli aspetti più qualificati della vita nazionale. Abbiamo infatti riscontrato che la Loggia P2 entra come elemento di peso decisivo in vicende finanziarie, quella Sindona e quella Calvi, che hanno interessato il mondo economico italiano in modo determinante. [...] La seconda conclusione alla quale siamo pervenuti è che in questa vasta e complessa operazione può essere riconosciuto un disegno generale di innegabile valore politico; un disegno cioè che non solo ha in se stesso intrinsecamente valore politico - ed altrimenti non potrebbe essere, per il livello al quale si pone - ma risponde, nella sua genesi come nelle sue finalità ultime, a criteri obiettivamente politici.
Roberto Calvi |
L'8 maggio 2010 Licio Gelli diede mandato al direttore del periodico Il Piave, Alessandro Biz, di contattare la Anselmi per organizzare un incontro al fine di "discutere in modo civile della loggia massonica P2" dopo quasi trent'anni, ma l'incontro non si rese possibile per le condizioni di salute dell'ex parlamentare dello Scudo Crociato.
Gladio
Con Stefano Delle Chiaie e Francesco Pazienza, è stato coinvolto nel processo per la Strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto 1980, nella quale furono uccise 85 persone e 200 rimasero ferite. Questo attentato terroristico era parte della strategia della tensione. Con la sentenza definitiva di Cassazione sulla strage di Bologna, il 23 novembre 1995, Gelli viene condannato per depistaggio.
Stefano Delle Chiaie |
Durante tale procedimento Umberto Ortolani, considerato l'alter ego di Gelli, ebbe modo di dichiarare: "Mi trovai iscritto alla loggia di Gelli senza saperlo. Da tempo ero nel mirino di un' agenzia giornalistica, la Op di Mino Pecorelli. Scriveva che per mettere a posto le cose in Argentina occorreva togliere di mezzo alcuni personaggi tra i quali c' ero io. Qualcuno mi disse che per far finire questa campagna l' unica strada era quella di rivolgersi a Gelli. Affrontò inoltre una sentenza di tre anni relativa alla loggia P2. Scomparve mentre era in libertà sulla parola, per essere infine arrestato sulla Riviera francese a Cannes. La polizia rinvenne nella sua villa oltre 2 milioni di dollari in lingotti d'oro.
Fancesco Pazienza |
Il 28 settembre 2003 il sito Repubblica.it pubblica un'intervista a Licio Gelli durante la quale egli afferma che «Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa. Tutto nel piano di Rinascita, che preveggenza, è finita proprio come dicevo io».
Scandalo del Banco Ambrosiano
Nel 1972 Sindona aveva acquistato il controllo della Franklin National Bank di Long Island. Due anni dopo, la banca fallì. Condannato nel 1980 negli Stati Uniti, "Michele il misterioso" fu estradato in Italia. Due anni dopo, fu avvelenato nella sua cella mentre scontava una sentenza a vita.
Qualche anno dopo lo scandalo, molti sospetti si sono concentrati su Gelli in relazione al suo eventuale coinvolgimento nell'omicidio del banchiere milanese Roberto Calvi (anch'egli affiliato alla P2), che era stato in carcere per il fallimento del Banco Ambrosiano. Il 19 luglio 2005, Gelli è stato formalmente indiziato dai magistrati romani per la morte di Calvi. Gelli, nel suo discorso di fronte ai giudici, incolpò personaggi connessi con i finanziamenti di Roberto Calvi al movimento polacco Solidarnosc, presumibilmente per conto del Vaticano.
L'archivio di Gelli
L'11 febbraio 2006 Licio Gelli ha donato al Comune di Pistoia il proprio "archivio non segreto", nell'ambito di una discussa cerimonia ufficiale, svolta sotto il patrocinio dello stesso Comune, ma alla quale gli amministratori comunali pistoiesi hanno preferito non prendere parte.
Restano tuttora segreti, e nella sola disponibilità del "Venerabile", i numerosi archivi distribuiti tra Montevideo, la Svizzera, villa Wanda, Castiglion Fibocchi, l'Argentina e Montecarlo. Della cosiddetta "rubrica dei 500" (426 fascicoli da Gelli intestati a uomini d'affari, politici, società, banche, ecclesiastici ecc.) Guardia di Finanza ed inquirenti non sono mai riusciti a reperire il contenuto.
Dittatura Argentina
Emilio Massera |
Massera pochi giorni dopo il golpe, il 28 marzo 1976, scrisse a Gelli per esprimere "la sua sincera allegria per come tutto si fosse sviluppato secondo i piani prestabiliti" e augurargli "un governo forte e fermo sulle sue posizioni e nei suoi propositi che sappia soffocare l'insurrezione dei dilaganti movimenti di ispirazione marxista". I rapporti con i militari continueranno dopo il ritorno della democrazia in Argentina, nel 1983. Nel 1987 la tomba di Juan Peron fu profanata e furono asportate le mani dal corpo. Una ricerca giornalistica ha sostenuto che la P2 di Licio Gelli è stata coinvolta nella dissacrazione del corpo di Perón.
Vecchiaia
Dal 2001 Licio Gelli è in detenzione domiciliare nella sua villa Wanda di Arezzo, ubicata sulla collina di Santa Maria delle Grazie a ridosso del centro storico, dove sconta la pena di 12 anni per la bancarotta fraudolenta dell'Ambrosiano. Di se stesso nel 2003 disse:
« Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa »
In Arezzo il 2 agosto 2006 sposa in seconde nozze Gabriela Vasile nata a Lupsa (Romania) il 17 settembre 1938.
Nel 2008 ha partecipato al programma Venerabile Italia su Odeon TV come intervistato. Villa Wanda è stata sequestrata dallo Stato ma, dopo varie aste andate deserte è stata affidata a Licio Gelli come custode giudiziario. Negli ultimi anni Licio Gelli si è occupato di poesia, pubblicando svariate raccolte di liriche e vincendo numerosi premi letterari. Attento anche a valorizzare poeti emergenti nel 2012 ha firmato la prefazione al libro Proteo Liberato del giovane poeta Emanuele Franz.
Giulio Andreotti sarebbe stato il vero "padrone" della Loggia P2? Per carità... io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l'Anello.
(da Licio Gelli: "Berlusconi un debole, Andreotti a capo dell'Anello e Fini è senza carattere", intervista della rivista settimanale Oggi, 15 febbraio 2011)Licio Gelli: “Berlusconi un debole, Andreotti a capo dell’Anello e Fini è senza carattere”
«Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della Loggia P2? Per carità… io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello».
L’Anello?
«Sì, ma ne parleremo la prossima volta».
Con poche parole, clamorose, l’ex venerabile Gelli individua per la prima volta nel senatore Andreotti il referente di un’organizzazione quasi sconosciuta, un sorta di servizio segreto parallelo e clandestino che possibile anello di congiunzione tra i servizi segreti (usati in funzione anticomunista) e la società civile.
Il settimanale Oggi, che pubblica l’intervista a Gelli nel numero in edicola da mercoledì ha chiesto un commento ad Andreotti, che ha fatto sapere di non voler commentare.
Nell’intervista a Oggi, Gelli dice anche che «se avessi vent’anni di meno mobiliterei il popolo, bloccherei ferrovie e autostrade per protestare contro l’ingerenza dell’Europa. Per bloccare chi vieta di esporre il Crocifisso negli edifici pubblici». Sulla P2 dice: «La rifarei. Anche se tanto del mio Piano di rinascita è stato realizzato. Mi sarebbero bastati altri quattro mesi. Solo quattro. E avrei cambiato il sistema politico senza colpo ferire». L’ex venerabile dà giudizi su Berlusconi («La sua politica non mi piace. Si è dimostrato un debole, ha paura della minoranza e non fa valere il potere che il popolo gli ha dato. Oggi il Paese è in una fase di stallo. Molto pericolosa. Berlusconi è stato troppo goliardico, avrebbe dovuto dedicare più tempo ad altri incontri, ad altre cene») e su Fini: «È un uomo senza carattere».
Alla domanda se ci siano suoi documenti segreti, magari all’estero, Gelli risponde sibillino: «Non me lo ricordo… I servizi segreti italiani hanno pagato per avere un mio archivio, falso, nascosto a Montevideo. 400 milioni di vecchie lire. Una valigia piena di cartacce, giornali, inutili fogli». E nega «nel modo più assoluto» di conservare dossier su personaggi politici.
"Io non ho mai fatto riti massonici né mai ho avuto riunioni o incontri con esponenti della P2. Ho utilizzato Gelli perché era l'unica persona che aveva un'influenza reale su Roberto Calvi. L'Ambrosiano era l'unica Banca disposta a finanziare la Rizzoli e Calvi era sensibile solo alle pressioni di Gelli. In un primo momento fingeva di dire di no, poi andavo o telefonavo a Gelli e lui faceva in modo che Calvi accettasse e ci finanziasse". (Angelo Rizzoli)
La Permaflex di Licio Gelli
Licio Gelli ed Giulio Andreotti alla Permaflex |
Figura chiave di una avventura iniziata nel 1952 è Giovanni Pofferi, un commerciante ambulante che nel primo dopo guerra vendeva formaggi nella bassa Toscana, e che subito dopo scopre il business degli stracci, roba che non si paga ma che qualcuno però compra. Dagli stracci ai materassi di lana il passo è breve. Pofferi è un vulcano. Ed è un bell'uomo ."Sembrava Amedeo Nazzari" ricorda qualcuno che lo ricorda al principio degli anni 50.
Poi il bel Giovanni incontra e sposa una nobildonna toscana che lo introduce in ambienti per lui fin o allora sconosciuti. Conosce Augusto Fontani e quando questi di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti gli racconta di certi materassi a molle inventati dagli americani, Giovanni Pofferi abituato a riempire di lana i materassi, commenta: " Forti 'sti Americani vendono l'aria". Ma l'idea funziona.
Nella primavera del 1952 quattro materassi a molle con il nome Piumaflex vengono presentati alla fiera campionaria di Milano. Il brevetto delle 167 molle che tengono insieme il materasso è firmato dall'ingegnere Santini. Il primo stabilimento lo mettono su a Calenzano, si chiama Uno Più viaggiano su e giù per l'Italia, tra mercati e fiere di paese, secondo l'idea madre dell'ambulante Pofferi convinto che la gente debba toccare con mano la merce da comprare. Pochi mesi più tardi siamo nel dicembre 1953, il tandem Pofferi - Fantoni inaugura il primo punto vendita di materassi a molle nella centralissima via San Quintino a Torino. E' un successo. Subito dopo altri punti vendita vengono aperti a Milano, Bologna, Napoli e Palermo. Un trionfo. Viene inaugurato un nuovo stabilimento a Pistoia, che produce una linea di mobili e materassi per le cliniche. E' allora che Gianni Pofferi conosce Licio Gelli: è la svolta.
Il 27 novembre 1956 nasce il marchio Permaflex, con un logo disegnato nello studio Tosta di Bologna. Gelli trova subito i contatti giusti e Permaflex sbarca a Frosinone, in area di cassa per il Mezzogiorno.
Il" venerabile" è direttore dello stabilimento ciociaro.
Un gruppetto di bambini scatenati balla tutte le sere, a Carosello, su un materasso a molle Permaflex mentre una voce fuori campo li accompagna intonando l'indimenticabile " bidibodibu".
E' il boom del materasso che entra in tutte le case italiane.
Nei primissimi anni 70' il fatturato annuo della Permaflex si aggira sui 100 miliardi di lire. Ma allora Licio Gelli se n'era già andato sbattendo la porta, non prima di aver procurato all'azienda contratti per la fornitura di materassi in tutte le carceri italiane, commesse per l'esercito e per gli ospedali. La morte della Permaflex si è palesata con l'uscita di scena dell'intrapprendente e futuro Venerabile Maestro dalla società.
Durante la sua direzione nello stabilimento di Frosinone era sempre stato un via vai di politici ministri, vescovi e generali. Poi è la crisi. Fantoni se ne va. I Pofferi si trasferiscono all'estero. Naturalmente Gelli nello stesso tempo diventerà l'uomo più ricco e potente d'Italia
L'azienda si barcamena come può. Fino al 1996, quando l'industriale napoletano Raffaele Veneruso, già acquirente di un'azienda appartenuta a Pofferi, l'aeronautica Avion-interiors, acquista anche la Permaflex, trasferendo nelle sue mani l'impero aziendale dei Pofferi. La promessa è quella di un rilancio.
Nei primi mesi del 97 azienda e sindacati siglano un accordo che prevede l'investimento di 12 miliardi in 24 mesi e una produzione di 250 mila reti e 300 mila materassi l'anno. Invece soltanto pochi mesi dopo arrivano le prime quattro settimane di casa integrazione.
Già a dicembre 1997 viene interrotta la produzione . Nel febbraio del 1999 la società sposta la propria sede da Frosinone a Latina, dove non ha nemmeno un ufficio né un telefono.
Perché? Il 20 luglio la Permaflex SPA che intanto è diventata Flex SPA, avanza al tribunale di Latina la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Presto fatto.
Il 27 luglio la richiesta viene accolta. Le garanzie che la società offre per fronteggiare una voragine di 60 miliardi, sono costituite dagli immobili di Frosinone e Pistoia e soprattutto da un preliminare accordo sottoscritto con Pac 2000, del gruppo Conad, disposta ad offrire circa 30 miliardi per gli stabilimenti di Frosinone e Pistoia, ma ad un patto. Che il comune di Frosinone conceda il cambio di destinazione dell' area, trasformandola da industriale in commerciale.
Un affare colossale per gli acquirenti, ma se si vogliono salvare i creditori e garantire il posto di lavoro ai 256 cassaintegrati, non c'è altra via d'uscita. Ma non è semplice: trasformare quell'area come vorrebbe Pac2000 significherebbe pregiudicare l'assetto della grande distribuzione di Frosinone almeno per i prossimi vent'anni a tutto danno degli insediamenti già presenti.
Un'idea che nel capoluogo ciociaro non può passare, e che probabilmente il tribunale di Frosinone non avrebbe mai accettato come presupposto per l'ammissione al concordato preventivo. Ecco perché il trasferimento di sede a Latina. Intranto il commissario giudiziale della Flex scopre che alla vigilia della richiesta di concordato preventivo la nuda proprietà dei marchi Permaflex e ondaflex era stata ceduta alla Eminflex Servicios e Investimentos Lda di Giacomo Commendatore, dalla famiglia citata in un rapporto del 1997 a cura del ministero dell'interno come una delle centrali criminose dell'Emilia Romagna, riconducibile al clan di Giacomo Riina, boss mafioso di Corleone finito a Budrio nel 1982 per ordine del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto. Giacomo Riina che diventa il contabile della Eminflex, Budrio che è il punto di partenza delle fortune del marchio con l' elefantino, quello dell'azienda che commercia materassi con il sistema della televendita. Contemporaneamente la Permaflex cede anche il diritto d'uso dei suoi marchi stavolta alla lussemburghese Europartimmo S.A. La cessione della nuda proprietà dei marchi ha ufficialmente fruttato 4 miliardi alla Flex SPA, ma quando la procura della repubblica di Latina ha cominciato a mettere il naso negli affari della Flex, gli investigatori della guardia di finanza non avevano potuto fare a meno di domandare al signor Giacomo Commendatore perché avesse speso del denaro per un marchio che non avrebbe potuto usare. "Ho accettato di firmare quel preliminare" aveva spiegato l'imprenditore catanese" solo dopo aver avuto la certezza della possibilità di acquisto, per il tramite della lussemburghese F&R International del diritto di uno dei marchi di cui stiamo parlando".
E c'è riuscito perché la pubblicità Permaflex _Eminflex viaggia insieme sulle reti FININVEST. Come c'era riuscito? Il 3 agosto 99 la F&R International aveva acquistato dalla Airtrade Ltd il 100% delle azioni della Europartimmo SS. al prezzo di 9,5 miliardi di lire.
Questa complessa operazione viene effettuata tra società off/Shore, tutte aventi sede in paradisi fiscali; la Europartimmo viene costituita nel giugno 1998, soltanto quattro mesi prima dell'acquisto del diritto d'uso dei marchi Permaflex e Ondaflex; la Airtrade Ltd società venditrice delle azioni Europartimmo alla F&R International s.a ha sede in Tartola, Road Tawn, Isole Vergini Britanniche, ossia nella stessa località dove ha sede la Flightequipment & marketing Ltd, società off-shore facente capo alla famiglia Veneruso; il pagamento del prezzo (9,5 miliardi) viene effettuato dalla società acquirente alla venditrice con l'intervento di un istituto di credito lussemburghese che opera sulla stesa piazza della banca di Roma fideiussore del finanziamento di originari 10,5 milioni di Us $ erogato alla Aviointeriors SPA di Latina dalla banca di Roma di Francoforte. Per i magistrati di Latina che indagano sul caso Flex ce n'è abbastanza per formare il legittimo convincimento che ci si trovi in presenza di un operazione fraudolenta posta in essere al solo fine di sottrarre attivo ai creditori della procedura concorsuale che di lì a poco sarebbe stata avviata. I 4 miliardi provento della cessione della nuda proprietà dei marchi ci sono, li ha vincolati il commissario giudiziale , ma i circa 10 miliardi dell'operazione sottostante la vendita del diritto d'uso sono spariti. La Procura della Repubblica di Latina chiede la declaratoria di fallimento. Ma il cambio di sede a Latina non era stato casuale. Cominciano una serie di rinvii che tengono il giudice delegato lontano dalla pronuncia sulla richiesta di fallimento, ed anche dalla decisione sulla omologa del concordato o meno. Persino il commissario giudiziale della Flex si esprime ripetutamente per il fallimento. Niente. L'affare del cambio di destinazione d'uso nell'area dello stabilimento di Frosinone è troppo appetibile. Si temporeggia all'infinito.
Finché una settimana fa assumendo da solo l'iniziativa, il giudice Guido Cerasoli convoca una seduta collegiale e dichiara fallita la Flex. E' la fine in agguato c'è ora un'ipotesi di bancarotta . L'omino in pigiama è sempre lì che dorme, un omino in sonno avrebbe detto l'ex direttore e gran maestro Licio Gelli e la Eminflex continua le sue televendite, quel miracolo che ha consentito all'azienda di Giacomo Commendatore di veder lievitare il fatturato dai 14 miliardi del 1990 ai 118 del 1994 con un incremento del 60 per cento. Un miracolo reso possibile grazie all'approdo di quella che era una volta una piccola e sconosciuta azienda alla Pubblitalia di Marcello Dell'Utri.
Fonte
Alessandro Panigutti
direttore responsabile del quotidiano Latina Oggi
Gelli su Bisignani e la P3
Gelli - Bisignani |
RAMMENTA come nell'81 (era il 17 marzo del 1981), allorquando vennero alla luce i nomi sulle tessere della Loggia, "si era a quattro mesi dal completamento del golpe che si andava preparando".
È la convinzione del tempo passato, vissuto nel clima ossessivo della Guerra fredda - intrisa di terrorismo e depistaggi - che si è combattuta in Europa. Come convinti sono i giudizi sulle capacità di tessitore di affari di Bisignani - iscritto alla P2, protagonista nel 2010 dello scandalo P3 e che sta scrivendo le sue memorie - considerato con l'affetto di un figlioccio: "Lo mettemmo all'Ansa, e sapevamo di poter far affidamento su di lui", e affidato anche a Gaetano Stammati, di cui fu capoufficio stampa al ministero del Tesoro nel governo Andreotti degli anni Settanta.
Fonte Stefano Citati per il "Fatto quotidiano
Frode fiscale per Gelli Sequestrata villa Wanda
Gelli è indagato per reati fiscali dalla procura di Arezzo assieme alla moglie Gabriella Vasile, ai figli Maurizio, Maria Rosa e Raffaello, e ad un nipote, Alessandro Marsilli.Nell'ambito di tale inchiesta è stato disposto il sequestro preventivo della villa.
Sempre secondo quanto appreso, l'inchiesta riguarderebbe tasse non pagate da parte della famiglia di Licio Gelli per 17 milioni di euro.
Il reato e' quello previsto dall'art.11 del decreto 74/2000, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. L'ex venerabile, 94 anni, vive tuttora nella villa nel cui giardino, nascosti in vasi e fioriere, furono trovati nel 1998 oltre 160 chili d'oro in lingotti.
Il via a indagini da testamento ex Venerabile - Nel 1998 l'Agenzia delle Entrate di Arezzo entrò in possesso di un testamento olografo di Licio Gelli, trovato da autorità di polizia giudiziaria francesi: qui hanno radice gli accertamenti che hanno portato ora al sequestro di Villa Wanda. Il testamento, spiega la guardia di finanza, attestava sue significative disponibilità patrimoniali in territorio estero, nonché di documentazione comprovante il sostenimento di spese a favore dei tre figli, Raffaello, Maria Rosa e Maurizio, per rilevantissimi importi, ben superiori ai redditi dichiarati. Da qui derivano contestazioni di omessi pagamenti di imposte sui redditi e di registro, che, dopo i ricorsi vinti dall'Amministrazione Finanziaria davanti alle Commissioni Tributarie, sono stati quantificati in cartelle esattoriali nei confronti di Licio Gelli per 8,8 milioni di euro, del figlio Maurizio per 7,2 milioni, della figlia Maria Rosa per 1,1 milioni e del primogenito Raffaello per 500 mila euro.
Dalle indagini della Gdf sui reati fiscali di cui è accusato Licio Gelli, insieme alla moglie e i figli, è emerso che, già nel 2007, gli indagati, consapevoli dei rilevanti debiti da pagare all'Erario e prevedendo l'attivazione prossima delle procedure di riscossione coattiva da parte di Equitalia, hanno pianificato e realizzato, in un brevissimo arco di tempo, una serie di atti e negozi giuridici fittizi per svestirsi della proprietà di 'Villa Wanda', mediante la simulazione della dismissione a terzi da parte della storica società proprietaria che era al 100% controllata dai tre figli. Due, spiega la guardia di finanza, i passaggi chiave dell'operazione fraudolenta: le iscrizioni ipotecarie sull'immobile a favore della moglie di Licio Gelli e del nipote, a fronte di crediti vantati dagli stessi per l'erogazione di presunti finanziamenti nei confronti della società di famiglia; quindi, ottenuta tale giustificazione formale, la successiva alienazione del compendio immobiliare nell'asse patrimoniale di una società romana, precostituita ad hoc e sempre riconducibile ai medesimi congiunti di Licio Gelli. L'architettura della frode fiscale è stata svelata grazie alle indagini delle Fiamme Gialle svolte in stretto coordinamento con l'Agenzia delle Entrate di Arezzo, che hanno permesso di raccogliere le fonti di prova della commissione, da parte di Licio Gelli, dei tre figli, della moglie e del nipote, del reato di ''sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte''.
Schiavone e l'audizione desecretata sulle discariche della Camorra
Carmine Schiavone |
i posti a Milano e ad Arezzo (residenza come è noto di Licio Gelli, che Schiavone peraltro nomina come uno dei referenti dei factotum che erano Cerci e Chianese, in particolare il primo), viene organizzato il traffico dei rifiuti speciali da interrare in una zona che va dalla provincia di Latina alla Campania, allargandosi poi a Calabria e Puglia.
«Licio Gelli gestiva – attraverso delle società che stavano a Milano, a Santa Croce sull’Arno, nella zona di Padova – sia l’immondizia, sia i trasporti che portavano i rifiuti tossici e nucleari». In un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano Carmine Schiavone, boss dei Casalesi e attuale collaboratore di giustizia, conferma quanto dichiarato agli inquirenti a proposito delle attività criminali della camorra legate allo smaltimento dei rifiuti tossici. In un passaggio Schiavone tira in ballo il nome di Licio Gelli, il “venerabile maestro” della loggia massonica P2
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