sabato 7 dicembre 2013

FRANCESCO PAOLO BONTATE "Don Paolino Bontà"

francesco paolo bontate al funerale di calogero vizzini

Francesco Paolo Bontate al funerale ci Calogero Vizzini



Francesco Paolo Bontate 

nacque in una famiglia contadina e venne affiliato dal padre nella cosca di Santa Maria di Gesù legata a Cosa Nostra. Nel 1933 Bontate venne arrestato per rissa e detenzione abusiva di arma da fuoco, venendo coinvolto nel secondo dopoguerra nel contrabbando di generi alimentari e nel furto di bestiame e aderendo al nascente Movimento Indipendentista Siciliano. Nel 1954 Bontate era tra coloro che portarono la bara di Calogero Vizzini, boss di Villalba insieme a Genco Russo. Inoltre Bontate divenne un grande proprietario terriero e impose con la corruzione l'insediamento della fabbrica elettronica Raytheon-Elsi nei suoi terreni a Villagrazia, la quale decollò alla fine del 1962: era lui infatti che decideva le assunzioni e risolveva i conflitti sindacali[.
Bontate era pure ben inserito negli ambienti politici: fu il principale elettore di Ernesto Di Fresco, che venne eletto consigliere comunale di Palermo nella lista del Partito Nazionale Monarchico nel 1956, il quale era anche solito farsi accompagnare da Bontate alle sedute del consiglio comunale. Inoltre Bontate fu sostenitore dell'onorevole Silvio Milazzo, il quale formò un governo regionale con l'alleanza trasversale tra comunisti, missini e democristiani; per queste ragioni, Bontate prese a schiaffi un deputato monarchico che non aveva votato per Milazzo mentre si trovavano in un salone di Palazzo dei Normanni alla presenza degli altri deputati regionali.
Nel 1960 Bontate cedette il comando della cosca al figlio Stefano perché si era gravemente ammalato di diabete e nel 1963 venne denunciato per associazione a delinquere ma riuscì ad uscirne indenne. Morì nel 1964 all'età di 50 anni per problemi di salute.


Da don Paolino a Giovanni, saga di una famiglia d' onore

Corriere della Sera di Enzo Mignosi
Ritratto di famiglia sullo sfondo di vecchie trame politico mafiose. Un affresco con tre personaggi che hanno scritto pagine scottanti della storia criminale siciliana. E' la saga dei Bontade, signori di Villagrazia, influente clan il cui capostipite, don Paolino, poteva permettersi di schiaffeggiare in pubblico ministri e deputati.
Allora i Bontade dominavano la scena insieme con gli alleati del vecchio ordine di Cosa Nostra (i Badalamenti, gli Inzerillo, i Gambino) e condizionavano le scelte politiche regionali con una ragnatela di rapporti eccellenti tessuta fin dal dopoguerra, quando don Paolino era sceso in campo in prima persona per aiutare lo Stato a sanare la piaga del banditismo con l' uccisione a tradimento di Salvatore Giuliano.
Un boss che faceva tremare, Paolino Bontade. Nella borgata lo chiamavano rispettosamente "don bonta' " e tutti gli riconoscevano una potenza che lambiva i palazzi romani, se e' vero che era riuscito a portare a Villagrazia uno dei piu' grossi insediamenti industriali dell' epoca, l' Elettronica sicula (oggi Italtel), gestita come fosse una cosa propria.
Era lui che decideva le assunzioni. Era lui che risolveva i conflitti sindacali con l' autorita' del mafioso. Don Paolino fu uno dei padrini del "milazzismo", un' esperienza fondata sull' estromissione della Dc dal governo regionale e sull' alleanza trasversale tra comunisti, missini e transfughi dello scudo crociato confluiti nel Partito cristiano sociale.
Un forte sostegno al governo presieduto da Silvio Milazzo venne dato dai Cambria e dai Salvo, gli esattori che per 30 anni hanno gestito in regime di monopolio la riscossione delle imposte in Sicilia. Era la fine degli anni Sessanta.
Il patriarca non nascose il suo ruolo in quella operazione e tra i saloni dorati di Palazzo dei Normanni prese a schiaffi un parlamentare monarchico che non aveva votato per Milazzo. La lobby finanziaria nata su quella strana intesa politica fu poi costretta a recuperare i rapporti con la Dc, primo partito siciliano, e Bontade, alfiere di quel ritorno alla normalita' , guadagno' gratitudine dal partito cattolico.
Il cospicuo patrimonio di don Paolino, fatto di miliardi e di relazioni politiche, fu ereditato dal figlio Stefano, "il principe" spesso citato da Tommaso Buscetta per quel sorriso enigmatico che "costituiva la sua arma piu' temibile".
Un amico stretto di Lima, ha detto il pentito. L' uccisione di Stefano Bontade, nell' aprile dell' 81, e' la dichiarazione di guerra lanciata dai corleonesi al vecchio schieramento mafioso.
Per farsi da parte in un momento denso di rischi, Nino Salvo rinvia le nozze della figlia e assieme al cugino Ignazio va in crociera nell' Egeo.
Invita Salvo Lima a seguirlo, ma il deputato rifiuta e per proteggerlo, i Salvo gli danno un' auto blindata. Prima di partire, gli esattori chiamano Buscetta in Brasile, gli chiedono di organizzare un esercito da contrapporre a Toto' Riina.
Lo sterminio dei perdenti sta per cominciare e il fratello di Stefano Bontade, l' "avvocato" Giovanni, per salvare la pelle passa con il nemico. Ma sei anni dopo verra' eliminato assieme alla moglie. Buscetta lo disse subito: "Bontade era amico di Salvo Lima. Si incontravano al Baby Luna". Era l' 84. Fu l' unica ammissione sui rapporti tra mafia e politica. "Dottore, non sono tempi", spiego' il pentito al giudice Falcone. Ora i tempi sono cambiati.





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