domenica 24 novembre 2013

MICHELE CAVATAIO "Il Cobra"



Michele Cavataio,


(Palermo, 1929 – Palermo, 10 dicembre 1969), è stato un criminale italiano, legato a Cosa Nostra.
Durante l'adolescenza, Michele Cavataio iniziò una serie di attività illegali nel mercato nero, come il furto di generi alimentari e benzina, diffuse durante il ventennio fascista, e per questo venne affiliato nella cosca dell'Acquasanta. Nel 1946 Cavataio venne assolto per insufficienza di prove per l'omicidio del costruttore Vincenzo Mercurio e nel 1949 venne condannato a due anni e sei mesi di carcere per furto aggravato; nel 1954 venne nuovamente arrestato per rapina pluriaggravata e assolto per insufficienza di prove.
Nel 1955 Cavataio venne sospettato di essere l'esecutore degli omicidi del suo capo Gaetano Galatolo e del suo sostituto Nicola D'Alessandro, assassinato invece nel 1956 a colpi di lupara, ma venne assolto per insufficienza di prove; Galatolo e D'Alessandro erano stati uccisi per ordine della cosca mafiosa dei Greco di Ciaculli-Croceverde, che erano entrati in contrasto con i due boss in seguito allo spostamento dei mercati generali di Palermo dal quartiere della Zisa all'Acquasanta. In seguito a questi due delitti, Cavataio prese il comando della cosca dell'Acquasanta ma denunziato e arrestato per associazione a delinquere, furto pluriaggravato, detenzione e porto abusivo di armi e munizioni, venendo inviato al soggiorno obbligato ad Anzi, in provincia di Potenza, da dove tentò di fuggire ma venne ripreso. Nel 1961 venne assolto per insufficienza di prove ed ottenne la revoca del soggiorno obbligato.
Inoltre Cavataio si rese responsabile dell'uccisione di Calcedonio Di Pisa, capo della cosca della Noce, sapendo che l'assassinio sarebbe stato attribuito al boss Angelo La Barbera e che il risultato sarebbe stato un conflitto tra questi e Salvatore "Cicchiteddu" Greco, capo della cosca di Ciaculli, che divenne noto come «prima guerra di mafia»; Cavataio approfittò della situazione di conflitto per sbarazzarsi dei suoi avversari e per queste ragioni si associò ai boss Pietro Torretta ed Antonino Matranga: gli omicidi compiuti da Cavataio e dai suoi associati culminarono nella strage di Ciaculli, in cui morirono sette uomini delle forze dell'ordine.
In seguito alla strage di Ciaculli, Cavataio si diede alla latitanza ma venne subito arrestato nel suo nascondiglio nel quale teneva anche una Colt Cobra, la sua arma preferita. Nel dicembre 1968 Cavataio venne condannato a quattro anni di carcere per associazione a delinquere nel processo svoltosi a Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia ma, siccome aveva aspettato il processo in stato di detenzione, venne rilasciato immediatamente per aver già scontato la pena.
Dopo il processo, Cavataio tentò di partecipare alla ricostruzione della "Commissione" ma gli altri boss iniziarono ad avere sentore che Cavataio era il principale responsabile della prima guerra di mafia e quindi si decise di elimiarlo, formando un commando di killer scelti tra varie cosche mafiose: Totò Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella della cosca di Corleone, Emanuele D'Agostino e Gaetano Grado della cosca di Santa Maria di Gesù e Damiano Caruso della cosca di Riesi.
"Michele Cavataio - ha detto Gaetano Grado - era un pericolo pubblico ed era nella nostra lista dei morti non solo perché voleva esercitare l'egemonia su Palermo centro ma perché uccideva gente tanto per fare: carabinieri e poliziotti, per esempio. Cosa nostra - ha aggiunto - non ammetteva che si uccidessero carabinieri e poliziotti: c'erano altri modi che adesso non posso dirvi a rendere inoffensive le istituzioni". Il 10 dicembre 1969 gli uomini del commando, travestiti da agenti di polizia, giunsero in un ufficio di un'impresa edile in viale Lazio, dove si trovava Cavataio insieme ai suoi uomini; armati di pistole, lupara e Beretta MAB 38, i killer aprirono il fuoco, uccidendo tre dei presenti e ferendone altri due mentre Cavataio tentò di reagire al fuoco con la sua Colt Cobra, riuscendo così a ferire Provenzano e Caruso e uccidendo Bagarella. Infine Cavataio rimase a terra ferito e Provenzano gli spaccò il cranio con il calcio della sua Beretta MAB 38, finendolo a colpi di pistola. Il massacro di Cavataio e dei suoi uomini venne soprannominato «strage di viale Lazio».

strage di viale lazio


«Appena lui gli spara (Provenzano a Domè, ndr) noi ci buttiamo dentro l' ufficio, io - Grado - col fucile riesco a tirargli le prime due fucilate a Michele Cavataio, era dietro la vetrata, riesco a pigliarlo in una spalla, però lui spara a me e io vengo ferito, che praticamente ancora c' ho del vetro nel nervo ottico dell' occhio destro... Io riesco a uscire fuori e gli grido a Damiano Caruso e a Calogero Bagarella (altri due del commando, ndr): "entrate che io non ci vedo più". Questi entrano e cominciano a sparare, al Bino Provenzano Michele Cavataio gli spara... è stato ferito. Il Cavataio spara pure a Bagarella e l' ha ammazzato... Caruso viene ferito». Anche Cavataio fu colpito a morte, e nessuno sa dire se Provenzano abbia recuperato dal suo cadavere il documento che cercava, l' organigramma mafioso disegnato dalla vittima; un pezzo di carta strappato con qualche nome di «uomini d' onore» fu trovato nel cestino dell' ufficio. Dal racconto del pentito e di altri collaboratori emerge invece la «tragedia» montata dallo stesso Provenzano dopo l' agguato; e cioè l' attribuzione dell' errore di aver sparato subito, scatenando il fuoco avversario, non a se stesso ma a Damiano Caruso, che di lì a poco sarà eliminato a Milano. Ne venne fuori la «vulgata» mafiosa di Provenzano che riparò all' errore altrui, riferita pure dal catanese Calderone che attribuisce a quell' episodio il soprannome ' u tratturi per il boss, il trattore che «traturau tutta a terra», ha fatto tutto. Poi ' u tratturi divenne ' u ragioniere, e infine il padrino pacificatore.

DOCUMENTI

giovedì 21 novembre 2013

ROSARIO SPATOLA





Rosario Spatola 


(Palermo, 1940-1910 agosto 2008) E UN costruttore sospettato di rapporti con Cosa nostra ,  fu accusato da Gaetano Costa e Giovanni Falcone di Traffico di droga e Condannato a Dieci anni di reclusione. Il Suo Nome è collegato alla Simulazione del sequestro di Michele Sindona  (il finanziere era Stato ospitato da Spatola in Una villa di Torretta dove era si Fatto Sparare ad una gamba dal medico Joseph Miceli Crimi per il coraggio forza alla tesi del sequestro) e all'uccisione di Gaetano Costa: sebbene non SIA mai Stato dimostrato ONU Collegamento Diretto fra le dovute vicende, Magistrato fu ucciso subito DOPO Aver Firmato ONU Ordine di cattura nia Suoi Confronti.
DOPO Aver Iniziato venire venditore ambulante di latte, Spatola costrui ONU impero nel Mondo delle Costruzioni Che Arrivo una sfida lavoro a 400 operai. DOPO l'omicidio Costa, le accusare nia Suoi Confronti vennero affidate da Antonino Caponnetto a Giovanni Falcone, il Che proprio una Partire da tal quale Processo Applico Quello che successivamente sarebbe Stato Definito il "metodo Falcone", cioè la Ricostruzione degli affari Criminali Attraverso la Documentazione bancaria . Spatola fu Condannato a vicenda ea tre 10 anni per Quella Per una tangente Versata a Vito Ciancimino ea ONU Funzionario per la Concessione di ONU appalto per la Realizzazione di Case Popolari, ma Nel 1985 Fuggi NEGLI STATI UNITI D'dell'America da Suo cugino, il capo di Cosa nostra americana John Gambino . Rimase oltreoceano Fino al 1989, when, DOPO Essere Stato coinvolto nell'operazione Iron Tower, fu arrestato ed estradato in Italia. Tornato NEGLI STATI UNITI DOPO Essere Stato scarcerato Nel 1992 per la Scadenza dei termini di custodia cautelare, Nel 1999 fu riestradato in Italia. Due anni dopo fu scarcerato e Torno Ancora una volta NEGLI STATI UNITI.
Era Stato citato venire teste d'accusa Nel Processo per l'uccisione di Mauro Rostagno. Ma Oggi il Pm Francesco Del Bene, in Apertura d'udienza, ha comunicato il Che il pentito Rosaria Spatola è morto, senza specificare when. Solo Nel tardo pomeriggio Si e accertato Che la morte del collaboratore di Giustizia, classe 1949, allontanatosi dal Servizio di Protezione, Condannato e quasi dimenticato, in Risale Realtà a tre anni e mezzo fa, il 10 agosto 2008. Ma nessuno ne SAPEVA niente. Un «Difetto di Comunicazione», venire si Sono affrettati a puntualizzare Dalla Procura.

martedì 19 novembre 2013

ENRICO CUCCIA



Enrico Cuccia

nacque a Roma (Roma, 24 novembre 1907) da genitori siciliani, la famiglia paterna era originaria arbëreshë di Mezzojuso. La SUA famiglia ha origini greco-albanesi, MA e Perfettamente Integrata Nella buona borghesia di Palermo. Un amico di famiglia "Guido Jung, classe 1876, gocce di sangue ebraicotriestino ... suggerisce Un Papà Beniamino Cuccia ... di Trasferirsi in Roma ... agevolandolo nell'assunzione al Ministero delle Finanze. DOPO Aver conseguito la laurea in Giurisprudenza, Cuccia fu assunto dall'IRI Nella sede distaccata di Londra.
Nell'ottobre del 1932 diviene "impiegato del servizio operazioni Finanziarie e Cambi con l'estero" Presso la Banca d'Italia.
Nel giugno del 1934, Guido Jung trasferisce Cuccia all'IRI, gestito da Alberto Beneduce. "Se Jung proviene Dalle schiere liberali Beneduce ha Alle spalle delle Nazioni Unite Passato socialriformista, corroborano da alte Cariche Nella massoneria ... Il napoletano Beneduce e Il massimo, e sempre ascoltato, consigliere economico del duce Che lo riceve quotidianamente. Ministro delle Finanze ( Jung ndr) e presidente dell'IRI (Beneduce ndr) Viaggiano comunque in perfetta sintonia (...).
E Sicuramente velleitario il Tentativo dell'Italia dei Primi anni Trenta di stabilire ONU rapporto privilegiato con Gli STATI UNITI D'America del ... A farsene Carico non e Il Governo, bensi quell'establishement economico Che ha Messo le querelare Competenze al servizio del fascismo , pur non condividendone l 'ideologia antiliberale. Se Jung ha da rassicurare i circoli finanziari colomba forte e L'influenza ebraica, ONU Beneduce toccano i Massoni ". 
Galli ha scritto: "[Cuccia] Crede in Dio, e osservante, ma la SUA Fede e Laica, calvinista, lontana anni luce da OGNI forma di clericalismo e d'ingerenza della Chiesa nda Pubblici affari: Nessun prete-trafficante varcherà mai la Soglia di via Filodrammatici ".

Esperienza amministrativa regime Nel fascista

Nel 1936, fu Inviato dal sottosegretariato per Gli scambi e per le valute in Africa orientale italiana (AOI) con l'Incarico di Creazione e le Delegazioni del sottosegretariato e con Quello informale di stroncare Traffico ONU clandestino di valute.
Alberto Beneduce
Enrico Cuccia lavorò in Africa orientale italiana Insieme al Suo collega Giuseppe Ferlesch sotto le direttive di Alberto D'Agostino, capo della Direzione Generale delle valute del sottosegretariato, al vertice del quale C'era Felice Guarneri. Il Suo lavoro Venne accolto favorevolmente in Italia: il 1 luglio 1937, Ritornato in Italia per Qualche giorno, Enrico Cuccia fu Ricevuto Insieme a Guarneri da Benito Mussolini. Il giorno dopo l'incontro con il Duce, il Corriere della Sera Pubblico ONU articolo Nel Quale si leggeva Che:. "Il Duce ha elogiato il dottor Cuccia per il lavoro compiuto in circostanze particolarmente Difficili ..." Si trattava di segnale di un, sottinteso ma chiaro, destinato a Coloro Che premeditavano di attentare all'incolumità di Cuccia e in Particolare fu ONU Avvertimento Diretto al viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani e al Suo entourage Che non avevano gradito le intromissioni del Giovane Funzionario in Una Gestione amministrativa Che Cuccia sospettava Fosse caratterizzato da graui all'irregolarità Finanziarie e da Una interessata tolleranza Nei Confronti dei Trafficanti di Valuta. Nonostante la Situazione disagiata e pericolosa Nella Quale visse Durante il Periodo di permanenza in Africa Orientale, nonostante le Difficoltà e Gli ostacoli, Cuccia operò con grande serietà e severità, stilando Relazioni Tecniche precise ed esaustive Che puntualmente inviava ONU D'Agostino, ricevendone predette predette Indicazioni e Continui incoraggiamenti.
Nel 1938, con le leggi Razziali, Le cose si mettono male per Jung, Che essendo ebreo Vienne emarginato. Beneduce invece Che E soltanto ... Massone Resta in sella e DEVE intervenire rendendo ufficiale il fidanzamento Tra Enrico Cuccia e SUA figlia, Che si chiama Libera Idea Socialista. Egli Invita l'amico Raffaele Mattioli, Amministratore Delegato della Comit, ad Assumere il futuro genero Enrico Cuccia, col rango di dirigente, a Milano, nell'ufficio di piazza Scala colomba gravitano Ugo La Malfa, Giovanni Malagodi, Cesare Merzagora, Adolfo Tino, "Vale a dire Una buona fetta della futura classe dirigente" liberal "che ritiene il fascismo Una dolorosa parentesi della storia".
Carlo Bombieri, collaboratore di Cuccia alla Comit, dadi Che Cuccia AVEVA "confini un'ambizione senza, spietata, incontenibile Qualche volta, quattr'occhi un, non esitava a manifestarla:. L'Aspirazione al Potere da Realizzare con il maneggio del Denaro, in Quanto Nei Confronti della Politica nutriva ONU assoluto Disprezzo Intellettuale, generalmente non si sbilanciava,.. (...) Detestava il fascismo ma Teneva in RISPETTO il Concetto di Autorità AVEVA Una Concezione castale della Società, retta da Onu "uomo forte" Con un'eccezione: il Papato di Roma non andava a genio Gli ".

Antifascismo Durante la Seconda guerra Mondiale

Durante la Seconda guerra Mondiale si Reco Spesso in Svizzera allo Scopo di sostenere la Resistenza, per la quale anche operò da staffetta con la COPERTURA fornitagli dal Fatto di Essere ONU Funzionario di banca di alto Livello; Un viaggio in Una Lisbona Nel 1942 si FECE latore di ONU Messaggio segreto degli oppositori filobritannici Adolfo Tino e Ugo La Malfa al conte Sforza, in esilio NEGLI STATI UNITI: se ne FECE TRAMITE il diplomatico statunitense George Kennan.

Nascita di Mediobanca

Mattioli
Fino dal 1944, Enrico Cuccia Seguì la vicenda di Mediobanca, quando Mattioli propongono ONU "ente Specializzato per i cosiddetti Finanziamenti a medio Termine" (in Sostanza, ONU modo per Superare la legge bancaria del 1936). In Un convegno tenutosi Nel 1986 Enrico Cuccia descrisse con precisione le Difficoltà incontrate Nella Realizzazione del Progetto, il Che AVEVA Richiesto Oltre 18 mesi di laboriose trattative, SIA per trovare dei partner di di Che accettassero di Entrare Nel Capitale del nuovo istituto Sia per Superare le obiezioni di chi, arrivato il governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, temeva il Che Dietro questo Progetto vi Fosse di Fatto il ritorno della Comit alla Struttura della banca mista: Perché Ecco Cuccia organizzò il lavoro dell'Istituto Che Gli Venne Affidato da ONU lato senza Tariffa una azioniste Meno delle Bin, ma dall'altro lato tenendo le medesime largamente all'oscuro delle Decisioni Che la banca Stava per prendere, apprendendole generalmente ONU Cose Fatte.


La Gestione di Mediobanca

Il 3 novembre 1944 FECE altera parte della Delegazione italiana, COMPOSTA Tra Gli Altri da Egidio Ortona e Raffaele Mattioli, il Che si reco a Washington con l'Obiettivo di richiedere al Governo statunitense Aiuti per la ricostruzione post-bellica italiana.
Nell'aprile 1946, Cuccia divenne il Direttore generale della nuova Società Mediobanca, posseduta da Credito Italiano, Comit e Banco di Roma. Nel 1949 diviene Amministratore Delegato anche.
Cuccia rassicurava l'Intero arco costituzionale: Gli americani, data il Suo Passato resistenzial-azionista, i comunisti Che lo ritengono Una longa manus di Mattioli, la DC e De Gasperi, Dati la SUA amicizia col cardinale Spellman.
"L'unico a non piaceva era cui Mario Scelba , (...) "Ossessionato" dalle ombre massoniche aleggianti nel Mondo Finanziario e in particolar modo su Coloro Che avevano gravitato Nel Partito d'Azione.
DOPO AVER Cercato di opporsi alla riconferma di Mattioli alla Comit, Scelba s'esercitò anche Nel boicottare Cuccia-Mediobanca; ma subi altro ONU smacco, Anche per l'Intervento di ... don Luigi Sturzo, il Che AVEVA Trovato ONU alleato Nel Giovane finanziere Nella lotta Che s'andava profilando con Enrico Mattei ... aedo dello statalismo economico.
La "guerra perduta" di Mario Scelba ... non impedi Che Attorno alla Comit e ancor Più Una Mediobanca continuasse ad aleggiare ... l'alone massonico " 
Mediobanca divenne in breve tempo il centro del mondo Finanziario e politico italiano. Il caso Più Importanti, Tra le numerose Grandi transazioni economico-Finanziarie gestite da Cuccia e da Mediobanca, fu Sicuramente la scalata alla Montedison di Giorgio Valerio da altera parte dell'ENI di Eugenio Cefis .
L'istituto costitui il perno di Sistema delle Nazioni Unite di Alleanze, Che Attraverso Partecipazioni incrociate e patti parasociali garantiva Stabilità degli Assetti proprietari dei maggiori Gruppi industriali. Mediobanca accrebbe Anche la gamma delle Sue Partecipazioni azionarie, Che diventarono veri certi fi cati di Garanzia per le Imprese Partecipa.
Un altro Aspetto Importanti dell'Azione di Cuccia fu l'Apertura Internazionale Che avvenne Nel 1955, DOPO contatti intensi con André Meyer della Lazard di New York. Nel Suo Viaggio statunitense del 1965 Antonio Maccanico Ebbe modo di apprezzare la considerazione che sì Avessé Una Wall Street per Enrico Cuccia, il cui Nome era all'epoca in Italia quasi del tutto sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti Ai Di Lavori.
Nel 1982 Cuccia Lascio la carica di Direttore generale, restando però Nel CDA Fino al 1988 divenne presidente onorario QUANDO, ma resto comunque Uno degli Uomini Più influenti, inavvicinabile Dai Giornalisti.
A Partire Dalla "morte" di Enrico Mattei (1962) SEMBRA Che in Italia regni un'assenza di strategie alternative economico-Finanziarie a Mediobanca. Chi ci ha provato (Sindona, Calvi) e Stato ... "sconfitto" ...

Cuccia e la Massoneria

Se si prescinde Dalla possibile influenza del suocero Alberto Beneduce, Che Massone lo era Certamente, testimonianze serie sull'appartenenza di Cuccia alla massoneria ci vengono da Michele Sindona e Dalla Vedova di Roberto Calvi , la signora Clara. 
Galli Scrive: "In incontro ONU all'Hotel Pierre di New York, nell'estate del 1976, Sindona km Disse:" Mattioli ha Creato Mediobanca per togliersi Dai Piedi Cuccia Che e Persona pericolosa ... Lavora per Portare la finanza italiana sotto il Dominio della Grande Loggia "innanzi alla commissione Parlamentare d'inchiesta Sulla loggia massonica. P2 , Clara Calvi ha dichiarato: «Gli QUANDO (al marito Roberto nda) domandavo perchè Cuccia e Sindona, pur essendo Massoni, non andavano d'Accordo, mi rispondeva : "Appartengono a causa logge diverse» ". 
Maurizio Mattioli, il figlio di don Raffaele, ha detto al Galli: "Quando le Discussioni Politiche si facevano Più aspre ... l'ho sentito esclamare con rabbia:" Ci vorrebbe Clemenceau UN "... Un Riferimento al Clemenceau ... radicale, Massone legato al Grande Oriente di Francia, il Che AVEVA Chiesto Ai Fratelli La "discesa nell'arena" per affermare, Nella Società e Nella politica, i "Valori" delle logge? ".


Il caso Sindona

Sino alla Metà degli anni Cinquanta, Cuccia e Sindona si erano ignorati «sino a far nascere l'impressione di un'assurda gelosia fra siciliani ... L'incontro del disgelo avviene in Mediobanca ... poi ricambiato in via Turati ... Un Sindona Vienne offerto di "collaborare"; e lui Risolve magistralmente ONU Problema fiscale della Fidia ... E solista Una breve parentesi di pace: la rissa riesplode quando Marinotti Propone di cooptare Sindona Nel consiglio di Amministrazione della SNIA Viscosa DOPO Aver ottenuto il beneplacito di Tino (...).
Ma il guaio grosso scoppia quando Sindona Tenta di "bidonare" la Sofina, truccando i Bilanci. Però alla Sofina si TROVA provengono Direttore generale Paul Boel. Per TOGLIERE il figlio Dai guai il padre corre da Andrè Meyer, Suo amico fraterno, Che lo passa a Cuccia. "Vienne predisposta Una transazione, ma Sindona s'intestardisce.
La SUA provocazione mirata Appare: Dimostrare Che il banchiere di via Filodrammatici contava in patria Vienne scartina Una Una briscola. Messo alle strette Dalla Corte arbitrale di Ginevra, Sindona Sarà costretto a "conciliare" versando mezzo miliardo di penale. Poco per il Portafoglio, moltissimo per l'immagine. Non ammaestrato Dallo smacco, ci riprova. C'è in ballo l'Acquisizione dell'Americana McNeil & Libby ... Sindona, ignorando le sollecitazioni di Cuccia, anzichè rivolgersi a Meyer Che pretende di controllare la piazza di New York, opta per Un Altro filone della Finanza Ebraica, La Lehman Brothers.
Meyer, indignato, DOPO Aver sottoposto Sindona Una sorta di Processo Una Presso la Lazard di Parigi, sentenzia Che Debba Essere Messo al bando ... lo snodo Cruciale è qui: "scomunica" Nella comminata da Andrè Meyer e ratificata, a New York, in ONU vertice della Confraternita degli Gnomi, dove si decide Che Nella "provincia Italia" vi SIA spazio Unicamente per Mediobanca ".
Tuttavia si dissociano Sia i Lehman SIA Gli Hambro, ndr Anche ALCUNI Esponenti della Continental Illinois. Tra i consulenti legali di questa cordata anti-Meyer vi e Richard Nixon.
"Si Tratta di avvenimenti Importanti, Che dimostrano l'inesistenza, almeno in questa fase, di qualunque demarcazione tra" finanza laica "(Mediobanca) e" finanza cattolica "(Sindona). C'è Piuttosto Uno scontro di Tra Meyer-Lazard e il "resto degli Gnomi", Che però è Estremamente disarticolato (...).
Per Quasi un decennio nè la Banca d'Italia nè Gli industriali nè i "moralisti" Cesare Merzagora e Raffaele Mattioli prenderanno Apertamente Posizione Tra Cuccia e Sindona. Non Che rifiutino di cogliere le reali Dimensioni del contrasto (la conquista del monopolio della Gestione degli affari finanziari), il peccato lo vedono troppo bene, ma giudicano Che La soluzione Migliore ... sia il divide et impera.
D'altra parte ... Michele Sindona ... affascinava ... spadroneggiava Nei salotti milanesi ... Dicendo peste e corna di Cuccia, MA anche Facendo sfoggio di cultura; da Nietzsche allo Spengler del Tramonto dell'Occidente ... Cuccia Appare in difficolta. Lui Che non frequenta i salotti, quando Gli riferiscono dell'esibizionismo del rivale, si Limita a ribattere ... in inglese: inaffidabile, inaffidabile. Per chi CONOSCE la fraseologia degli Gnomi, nessuna accusa Finanziere PUÒ Suonare altrettanto nefasta. Ma perché si cominci a prenderne Atto occorre Che Sindona scivoli Silla SUA STESSA arroganza ".
Sindona, Una Partire dal 1967 cerca di espugnare le roccaforti causa del Potere economico italiano: l'Italcementi del cattolico ultraconservatore Carlo Pesenti, e la Bastogi. Ma Gli va male: Pesenti, oberato di debiti contratti Contratti, TROVA Solidarietà Inaspettatamente in Cuccia Allora sino Suo avversario, e grazie ONU TROVA Mediobanca i miliardi necessari per riacquistare le Azioni di Italcementi, senza doverle svendere, Venire pretendeva Sindona. Il Galli commenta: "Fosse davvero esistita Una" finanza cattolica "... Sindona sarebbe Stato Sicuramente sanzionato [per Aver aggredito il cattolicissimo Pesenti], ma questo non Accadde, e Pesenti MIGRO nell'Area cucciana".
Un tale punto INIZIA la partita Attorno alla Bastogi, l'offerta di Pubblico Acquisto (Opa) sindoniana scatta il 13 settembre 1971. "Per quattro giorni e Una pioggia di adesioni e delle Nazioni Unite coro di approvazioni. Ma al quinto giorno le adesioni si bloccano, per il boicottaggio dei Grandi azionisti. Cuccia ha Fatto intervenire Andrè Meyer. Sindona Corre in Roma-Capitale, ma PUÒ solista registrare Che persino Emilio Colombo, ... sul quale Faceva pieno affidamento, s'è schierato con Cuccia-La Malfa (...).
Sostenere che ... Sindona Fosse l'Espressione della "finanza bianca" E dunque, Almeno fino a Nightlife Bon Voyage questo punto, ... Una Distorsione della Realtà (...) "Sindona, ma DOPO lui Anche Roberto Calvi, rovinarono Una causa di erronee, spericolate operazioni sul Mercato dei Cambi ", ha Confermato Guido Carli (...).
La rottura definitiva Tra Cuccia e Sindona si consuma in Un salottino riservato del "Club 44" ... Qui pranza, solitamente il venerdì, la compagnia ... Sindona ..., Cuccia ..., Cefis. Finchè ONU venerdì Sindona si ritrova ... solo ... Pochi Minuti prima, in Mediobanca, Cuccia ha detto ONU Cefis Che Si e Stancato di sedersi col diavolo ".
Sindona Capisce Che Lo scontro è arrivato ad Un Punto di non ritorno, puo Contare oramai solista su Giulio Andreotti , su Anna Bonomi e su Gaetano Stammati (iscritto alla P2).
"Sconfitto, e pur costretto a riparare in America, Sindona non s'arrende ... Le prime Volte Iniziativa a coinvolgere Personalmente ... Cuccia risalgono alla primavera del 1977, Passano Attraverso la Minaccia di gran lunga rapire il figlio di Cuccia (. ..). Sindona conside Il presidente di Mediobanca Venire Uno dei peggiori Nemici (...). Le cronache dell'affare Sindona (a Partire Dagli Inizi degli anni Settanta sino alla morte, causata da Una tazzina di caffè avvelenato, Nel supercarcere di Voghera Nel marzo 1986) restano ... tuttora avvolte in Una pesante coltre di nebbia. Esattamente Venire era accaduto per "l'incidente" aereo di Enrico Mattei, e Venire accadrà per l'impiccagione di Roberto Calvi ... Resta la considerazione Che il destino ha sempre Assegnato Ai "grandi Nemici" di Enrico Cuccia Una tragica Uscita Dalla scena di questo mondo ".
Cuccia fu accusato da Michele Sindona di Essere il mandante di ONU complotto nda Suoi Confronti e di controllare segretamente il tribunale di Milano al Quale lui AVEVA Portato Documenti Una tesi Dimostrazione della SUA. Fu denunciato con l'accusa di falso in Bilancio e in Seguito prosciolto. Subi anche ONU attentato Che vide esplodere Sulla porta di casa del banchiere, in via Maggiolini, ONU ordigno probabilmente Lanciato lì da ONU emissario mafioso dello Stesso Sindona.
Testimonio Contro Michele Sindona Nel Processo sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli , affermando Che l'imputato Gli Avessé confidato il Suo Progetto omicida. L'informazione fu Ricevuta nell'aprile del 1979 a New York, in Un incontro Diretto con Michele Sindona, MENTRE L'omicidio avvenne l'11 luglio dello Stesso anno: eppure Cuccia non avvertì le Autorità italiane né lo Stesso Ambrosoli. Alle Domande dei Magistrati rispose di Aver Mantenuto il silenzio per sfiducia nda Confronti dello Stato. Secondo il Suo legale Alberto Crespi, Cuccia Diede immediatamente Mandato a lui di Parlare con i Giudici Riguardo alle minacce di Sindona (le Quali Furono sottovalutate Dalla Procura) evitando di esporsi in prima persona temendo per l'incolumità dei Suoi figli. Questo Ricostruzione Vienne però smentita Dalla procura.




La morte

Nel 2000, Cuccia inizio a soffrire di Problemi cardio-respiratori e di insufficienza renale, il Che lo costrinsero a lunghe terapie e ricoveri, prima pressoterapia l'Ospedale Luigi Sacco di Milano, poi alla clinica fondazione Monzino di Meina. Trascorse i Suoi Ultimi Mesi Tra QUESTI nosocomi e le Sue Caso, una e Milano sul Lago Maggiore.
Morì nella notte del 23 giugno 2000. Per EVITARE UN eccessivo clamore mediatico, la famiglia decise di mantenere Uno stretto riserbo Sulle circostanze della morte SUA (Non è mai chiarito se il decesso Stato sopravvenne Nella SUA dimora di Meina o alla Fondazione Monzino) e decise di organizzare il funerale Già per l'indomani. Le esequie Furono officiare all'istituto delle Suore Poverelle di Meina, con la Partecipazione di pochissimi invitati, notabilmente l'Allora governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, il Segretario in carica del Partito Repubblicano Italiano Giorgio La Malfa, l'Allora presidente di Mediobanca Francesco Cingano e L'amministratore delegato Vincenzo Maranghi, l'Allora presidente della Banca di Roma Cesare Geronzi, il costruttore Salvatore Ligresti e Cesare e Maurizio Romiti. La salma del banchiere fu poi tumulata Nel locale cimitero, pressoterapia la cappella di famiglia, ove Già riposava la moglie Idea, morta Nel 1996.
Poco DOPO la SUA morte il civico di via Filodrammatici dove ha sede Mediobanca fu ribattezzato dal comune di Milano "piazzetta Enrico Cuccia".

Il trafugamento della bara

Tra la sera del 14 e la prima mattina del 15 marzo 2001, una causa autotrasportatori piemontesi, Giampaolo Pesce e Franco Bruno Rapelli detto Crodino, Entrambi incensurati, approfittando di Un varco Lasciato aperto nel muro di cinta del camposanto di Meina, si introdussero al Suo interno e trafugarono la bara di Enrico Cuccia. Il Fatto Venne Scoperto Già l'indomani Dalla ex custode della locale villa della famiglia del banchiere, Ida Bentivegna, accortasi Che la lapide della Tomba Spaccata epoca in causa; la notizia Venne invece resa nota da solista il 18 marzo.
Le Indagini seguirono causa filoni: da UN lato il satanismo (la zona di epoca Meina Già Stata soggetta ad atti di profanazione di tombe perpetrati da sette sataniche) e dall'altro una richiesta di riscatto. Il 20 marzo fu spedita alla sede ANSA di Milano Una lettera di reclamo, in cui il mittente si autoaccusava del furto, affermando di Aver subìto graui Perdite Finanziarie per colpa di Investimenti su Titoli quotati a Piazza Affari e bollando Enrico Cuccia Come una delle cause della SUA Rovina. Vieni Condizione per la restituzione del feretro VENIVA domandato Che l'indice MIB30 risalisse a quota 50.000. Tale Messaggio non fu però ritenuto attendibile.
L'ipotesi del Tentativo di estorsione Prese Definitivamente piede allorchè, il 22 marzo, L'amministratore delegato dell'ACEA di Roma Paolo Cuccia (ritenuto erroneamente figlio del banchiere) ricevette Una lettera, spedita Dalla zona di Torino e malamente indirizzata Una via Momentana ( un Luogo di Nomentana), in cui per il riottenimento della bara si richiedeva il versamento di sei Milioni di franchi Svizzeri (circa 7 miliardi di lire) su ONU conto corrente cifrato aperto Presso la Banca Rotschild di Lugano. Allegate alla Lettera vi erano alcune foto Polaroid ritraenti la bara e la tomba aperta.
Dalla Lettera spedita una ea Paolo Cuccia e da Una successiva serie di Telefonate ARRIVATE all'ACEA Mediobanca per trattare il pagamento del riscatto (e partite da Una cabina telefonica STESSA, Tra i Comuni di Giaveno e Avigliana), verso fine marzo Gli inquirenti riuscirono a risalire ONU Giampaolo Pesce, Che Fu arrestato proprio MENTRE terminava un'ennesima Chiamata a Mediobanca. Tradotto in questura, Pesce FECE subito il Nome del Suo complice Rapelli, ndr Indico Il Luogo ove il feretro era nascosto: un fienile di Condove, in Val di Susa, non Lontano da casa SUA. Una volta recuperata, il 31 marzo, la salma fu riportata a Meina e ritumulata nia giorni dopo.
Rapelli, il Che si trovava in Inghilterra, fu poi arrestato il 1º aprile, al Suo ritorno a casa. I due sequestratori affermarono di Trovarsi in Condizioni di indigenza e di Aver DECISO di rubare la salma di Cuccia per caso, DOPO Aver letto il Suo Nome su ALCUNE riviste Economiche, avendo intuito Che la SUA famiglia Fosse Molto benestante. Il furto era Stato compiuto in Seguito riprese: la sera del 14 marzo i dovuti avevano abbattuto il muretto Che chiudeva la tomba, per poi Tornare a notte fonda a trafugare la bara (rompendo frattanto la lastra di marmo Che la copriva). Indi avevano Caricato la cassa su ONU pick-up, ma si erano accorti Che ESSA era troppo lunga, sicché la coprirono con Una Coperta e viaggiarono Fino al fienile Scelto Venire nascondiglio con il vano di Carico aperto.
Alla singolare vicenda e ispirato Anche il film L'ultimo Crodino Che per l'appunto riprende il soprannome del Rapelli.











lunedì 18 novembre 2013

MARCO POZZAN



Marco Pozzan

(Santorso -Vicenza- 23 aprile 1926). Simpatizzante dell'estrema Destra. NEGLI anni Sessanta portinaio-factotum dell'Istituto per ciechi Configliachi di Padova. Amico e stretto collaboratore di Franco Freda . Coinvolto nell'inchiesta di Giancarlo Stiz sull'eversione nera in Veneto.


A tempo interrogatori, il 21 febbraio e il 30 marzo 1972, chiamo in causa Pino Rauti : anche il capo di Ordine Nuovo - Disse - AVEVA partecipato a Una Riunione a Padova, il 18 aprile 1969 in cui si decise «di approfittare della Tensione Politica e sociale in Atto inserendosi con iniziativa Utili ad acuirla ». [Ferraresi 1997] Pochi giorni DOPO ritratto OGNI cosa, e non Appena rilasciato si RESE irreperibile.


15 gennaio 1973 

Fuggi in Spagna con l'Aiuto del Sid (Servizio Informazioni Difesa), Che Gli AVEVA procurato ONU Passaporto falso un Nome Mario Zanella. Il generale Maletti : «Pozzan era Stato avvicinato un capitano Padova dal Labruna , il which di ritorno da Quella città mi Disse Che si sarebbe Trattato di element Utile se l'avessimo aiutato ad andarsene: "D'altra parte - parole testuali - E ONU poveraccio che soffre di ulcera allo stomaco stomach e Che In prigione ha sofferto Molto (si trattava di carcerazione preventiva e poi ovviamente, un quell'epoca, era Stato Liberato) e se noi lo Aiutiamo potra Esserci Utile. Lo mandiamo all'Estero, Cercando di falsificarne il Passaporto ". Dopodichè la cosa has been Fatta Perché i Passaporti potevano Essere Facilmente ottenuti, per Motivi di servizio, dall'apposito organo del Ministero degli Esteri e il Nome e Stato cambiato, non so da chi, in Zanella e Così il giovanotto e Stato Accompagnato in Spagna dal maresciallo Esposito, il Quale avrebbe dovuto Restare Più un lungo in this Paese per osservarlo, ma il Zanella si "squagliò" prontamente »(da un'audizione Davanti alla Commissione Stragi a Johannesburg il 3 marzo 1997). [Parlamento.it]. Ancora Maletti il 21 marzo del 2001, in aula a Milano: «Speravamo Che ci desse Informazioni su Borghese e Altri neofascisti latitanti (...) ma in Realtà E scomparso ». [Cd 22/3/2001] 
Nell'inchiesta del giudice istruttore Guido Salvini Sulla strage di piazza Fontana, conclusasi con Una Sentenza di Prescrizione del reato, era Pozzan Stato accusato di Aver detenuto, in concorso con Zorzi, Ventura e Freda, armi Ed esplosivo Nel casolare di Paese (Treviso) . 





domenica 17 novembre 2013

JOSEPH BONANNO "Joe Bananas"





Joseph Bonanno,
nato Giuseppe Bonanno, e soprannominato Joe Bananas(Castellammare del Golfo, 18 gennaio 1905 – Tucson, 12 maggio 2002), è stato un criminale italiano naturalizzato statunitense, legato a Cosa Nostra americana.

Giuseppe Bonanno nacque a Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, il 18 gennaio 1905. Il padre di Bonanno, Salvatore, faceva parte della cosca mafiosa locale e nel 1908 si trasferì a Brooklyn insieme alla sua famiglia per sfuggire ad una condanna, ritornando in Sicilia nel 1911 per via di una faida scoppiata a Castellammare del Golfo con la cosca rivale dei Buccellato, che si concluse nel 1913, quando Salvatore Bonanno uccise il capo rivale Felice Buccellato, che venne ritrovato orribilmente sfigurato all'interno di un sacco di tela.

Joe Bonanno nel 1920


Nel 1915 Bonanno rimase orfano del padre Salvatore, che morì per un attacco cardiaco, e nel 1920 perse anche la madre, frequentando in questo periodo l'Istituto nautico di Palermo per qualche mese. Nel 1924 Bonanno venne schedato come antifascista insieme al cugino Pietro Magaddino e, per sottrarsi alle procedure in corso, si trasferì clandestinamente prima a Cuba e in Florida e poi arrivò a Brooklyn; fu qui che Bonanno venne arrestato per possesso di un'arma illegale ma venne rilasciato perché Nicola Schirò, che in seguito venne sostituito da Salvatore Maranzano, il quale guidò la cosiddetta «Guerra castellammarese» contro Joe Masseria, capo della Famiglia Morello, nella quale Bonanno si distinse come vicecapo di Maranzano. Uscito vittorioso dal conflitto nel 1931, Maranzano si fece nominare «capo dei capi» ma venne assassinato su ordine di Lucky Luciano; Bonanno allora prese il comando della cosca castellammarese e si associò a Luciano, diventando uno dei membri della «Commissione», l'apposito organismo che aveva il compito di governare gli affari della «Cosa Nostra».
Dopo aver ottenuto il controllo della Famiglia, Bonanno scelse suo cugino Frank Garofalo come vicecapo, mentre il suo amico e socio John Tartamella come "consigliere"; oltre a controllare il gioco d'azzardo, l'usura e le lotterie clandestine a Brooklyn attraverso i suoi capidecina, Bonanno acquistò ristoranti ed imprese di costruzioni e d'abbigliamento per riciclare il denaro sporco e facilitare le attività illecite. Nel 1931 sposò Fay Labruzzo, sorella di un suo capodecina, da cui ebbe due figli e una figlia, e ottenne la cittadinanza statunitense nel 1945.

Copacabana 1946.
(LR) Stefano Magaddino, Joe Bonanno,
Salvatore Bonanno, Gaspar DiGregorio

Nel 1952 Bonanno inviò il suo nuovo "consigliere" Carmine Galante a Montreal, in Canada, per organizzare un traffico di stupefacenti, associandosi al gangster calabrese Vic Cotroni. Nel 1956 Salvatore, figlio primogenito di Bonanno, sposò Rosalie Profaci, nipote di Joe Profaci, il capo dell'omonima Famiglia, e ciò rafforzò l'alleanza tra le due Famiglie mafiose.
Nel 1957 Bonanno compì un viaggio in Sicilia accompagnato da Carmine Galante e, dal 12 al 16 ottobre, partecipò ad una serie di incontri che si tennero presso il Grand Hotel et des Palmes di Palermo con John Bonventre e Frank Garofalo, esponenti della sua Famiglia, ed altri mafiosi americani (Lucky Luciano, Santo Sorge, Vito Vitale e John Di Bella, esponente della Famiglia Genovese di New York) e siciliani (Gaspare Magaddino, Cesare Manzella e Giuseppe Genco Russo): gli inquirenti dell'epoca sospettarono che si incontrarono per concordare l'organizzazione del traffico degli stupefacenti, dopo che la rivoluzione castrista a Cuba (1956-57) aveva privato i mafiosi siciliani ed americani di quell'importante base di smistamento per l'eroina; secondo il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, durante questi incontri Bonanno discusse insieme ad alcuni mafiosi siciliani sulla creazione di una «Commissione» sul modello di quella dei mafiosi americani, che doveva assicurare l'ordine nelle file dell'organizzazione. Qualche tempo dopo, Bonanno partecipò alla riunione di Apalachin, nello Stato di New York, insieme ai rappresentanti di tutte le Famiglie degli Stati Uniti, ma l'incontro venne scoperto dalla polizia locale, che fermò parte dei partecipanti, compreso Bonanno, che però venne rilasciato perché non vi era alcuna prova per trattenerlo.
Dopo la morte di Joe Profaci nel 1962, il vicecapo Joseph Magliocco assunse il comando della sua Famiglia e si legò a Bonanno come il suo predecessore; infatti Bonanno e Magliocco consideravano pericolosi Carlo Gambino, capo dell'omonima Famiglia, e Gaetano "Tommy" Lucchese, capo di un'altra Famiglia di New York, perché avevano appoggiato i fratelli Gallo, acerrimi nemici di Magliocco, ed incaricarono il mafioso Joseph Colombo di assassinarli. Colombo però preferì informare Gambino e Lucchese, che portarono Bonanno e Magliocco dinanzi la «Commissione», ma Bonanno non si presentò mentre Magliocco venne costretto a ritirarsi a vita privata e a cedere il comando della sua Famiglia a Joseph Colombo; successivamente, nell'ottobre 1964, Bonanno inscenò un sequestro, facendo credere che lo avevano rapito e ucciso: in realtà aveva lasciato clandestinamente gli Stati Uniti e si era rifugiato a Tunisi per qualche tempo per ingannare Gambino e Lucchese. Nello stesso periodo Gaspar Di Gregorio, un capodecina di Bonanno, assunse il comando della Famiglia appoggiato da Gambino, Lucchese e dagli altri membri della «Commissione» ma si scontrò con la fazione guidata dal figlio primogenito di Bonanno, Salvatore, che voleva il ritorno del vecchio capo. Nel 1966 Bonanno si consegnò alle autorità per comparire dinanzi un grand jury e nel 1968 ebbe un attacco di cuore, decidendo di ritirarsi a vita privata insieme al figlio Salvatore nella sua casa di Tucson, in Arizona.




Nel 1980 Bonanno venne arrestato per ostruzione alla giustizia, venendo condannato a cinque anni di carcere ma scontò soltanto otto mesi perché la pena venne ridotta causa dei suoi problemi di salute.

Nel 1983 Bonanno tentò di riabilitare la sua immagine pubblicando l'autobiografia «A Man of Honor», scritta da un suo collaboratore, che indusse le autorità statunitensi a convocarlo dinanzi un grand jury per interrogarlo sul contenuto del libro; Bonanno però rifiutò di presentarsi e venne condannato a quattordici mesi di carcere per oltraggio alla corte.
Joseph Bonanno morì nella sua casa di Tucson il 12 maggio 2002, all'età di 97 anni.



Modesta casa di Tucson di Bonanno








mercoledì 13 novembre 2013

EUGENIO CEFIS



Eugenio Cefis 


(Cividale del Friuli, 21 luglio 1921 – Lugano, 28 maggio 2004) 
All'età di quindici anni si iscrisse all'Accademia Militare di Modena, durante la Resistenza fu vice comandante della Divisione Valtoce con il soprannome «Alberto». Fu tra i fondatori della Repubblica dell'Ossola.
Mattei di fronte alla sede dell' ENI
In quegli anni conobbe Enrico Mattei, che aveva  la guerra ha avuto l'incarico di chiudere l'Agip, lo chiama a lavorare con se. L'Agip, come si sa, non viene chiusa e da essa nasce l'Eni, con Mattei presidente.
Nel 1962 Mattei muore in un misterioso incidente aereo, gli succede alla presidenza dell'Eni Marcello Boldrini
Nel 1963 venne insignito dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, massimo riconoscimento della Repubblica Italiana.
Nel 1967 Cefis diventa presidente dell'Eni.
Da quella posizione ha l'intuizione che dominerà poi il resto della sua vita, e che sarà all'origine sia della sua fortuna e della sua successiva sfortuna. Intravede che sta per arrivare l'ora della chimica.
Cefis trovò il modo di aiutare Cuccia, iniziando segretamente a comprare azioni della Montedison con i soldi dell'Eni e i dovuti appoggi politici a Roma. Cominciò così la sua scalata al gigante chimico, che si concluse nel 1971, quando Cefis abbandonò l'ENI e divenne presidente della stessa Montedison. Questa mossa sollevò molte polemiche: egli infatti aveva utilizzato il denaro dell'ENI (cioè denaro pubblico) per diventare presidente di una società privata.
Cefis progettò di fare della chimica un settore competitivo a livello internazionale sulla base di due considerazioni: a) le enormi potenzialità legate alla petrolchimica; b) la precisa convinzione dell'esistenza in Italia dello spazio per un solo grande operatore. Ma si rese ben presto conto che il governo, tramite le Partecipazioni statali, voleva entrare anche nella chimica e non gli avrebbe lasciato le mani libere.
Ma in Italia c'è già un protagonista forte nella chimica: si tratta della Montedison. E, intorno, ci sono altri: Rovelli con la Sir, Ursini con la Liquigas, ecc.. Cefis fa i suoi conti e decide che il modo più semplice e più veloce di diventare a sua volta un protagonista nella chimica è quello di scalare la Montedison. La faccenda è complicata perché la Montedison è privata e l'Eni è pubblica.
Ma Cefis non è uomo da fermarsi di fronte a questioni del genere. Insieme a Cuccia, allora padrone indiscusso di Mediobanca e gran protettore della Montedison, organizza la scalata alla Montedison, alla fine degli anni Sessanta. La faccenda solleva uno scandalo enorme, tanto per la sostanza quanto per i metodi usati. Ma Cefis la spunta, almeno in parte.
Già allora, infatti, sta al centro di quella che poi verrà chiamata la razza padrona. Un mix, cioè, di affari e di politica. Una sorta di rete in cui ci sono i politici che proteggono Cefis e che da lui sono protetti (e aiutati, con la forza del potere economico). Cefis, mentre punta alla chimica, non trascura di controllare e di condizionare l'informazione, come mantiene buoni rapporti con i servizi segreti. Nasce in quel periodo uno degli episodi più clamorosi (e pesanti) di inquinamento della politica e della vita pubblica in Italia.
Dopo la sua scalata alla Montedison infuria la lunghissima stagione delle guerre chimiche: tutti sono convinti che lì ci siano i soldi del futuro (e il potere) e tutti vogliono una fetta della chimica.
Di fatto, Cefis dalla poltrona di presidente dell'Eni non riesce a governare la Montedison. Oltre a tutti i problemi economici e politici c'è di mezzo anche un mostruoso conflitto di interessi. Il gotha dell'industria privata (Agnelli e Pirelli) protesta per l'assalto alla Montedison, roccaforte dell'industria privata. Alla fine si arriva a un compromesso per cui si stabilisce che la Montedison (metà pubblica e metà privata) sarà la linea di confine: da quel momento in avanti, dicono i privati, non saranno più tollerate invasioni di campo.
Ma le cose, tenute insieme da un po' di diplomazia e anche da maniere brusche, non funzionano. Nel 1973 Cefis getta la maschera e fa il suo passo più ardito: lascia l'Eni e passa alla testa della Montedison. Ovviamente, appena sbarcato nella nuova carica comincia a contestare la presenza dell'Eni, di cui non tollera più la presenza, nonostante lui stesso abbia fatto, con la scalata, dell'Eni il maggior azionista della Montedison.
A molti, allora, il passo di Cefis apparve inspiegabile. Invece era il trionfo della filosofia della razza padrona. Cefis lasciava l'Eni, che bene o male era sempre un ente pubblico (soggetto a controlli pubblici, ai ministeri e al parlamento), e si trasferiva in Montedison, società di diritto privato, con il progetto di diventare l'esclusivo padrone della chimica italiana, senza più padroni. Insomma, arrivato in alto grazie alla politica, alla fine volle sganciarsi dalla politica per diventare semmai padrone della politica.
Piano ambizioso e forse anche un po' cervellotico, ma tipico di Cefis e del suo entourage. A quei tempi erano tutti convinti che la chimica si sarebbe trasformata in una miniera d'oro zecchino. Ma non fu mai così. La Montedison, nonostante tagli e ritagli, aiuti e mille sostegni, non è mai riuscita a produrre soldi. Anzi, ne ha sempre persi in abbondanza. La fine di Cefis, e con lui della razza padrona, su istantanea, forse dieci secondi in tutto.
Cefis, si racconta, nel 1977 va da Cuccia in Mediobanca per sottoporre al suo protettore una questione non nuova: la società ha bisogno di soldi, bisogna fare un altro aumento di capitale. Cuccia, che fino a allora aveva aiutato generosamente la Montedison (da lui stesso inventata peraltro a metà degli anni Sessanta), ha intanto maturato la convinzione che la partita è persa e che lo stesso Cefis è un perdente. E quindi gli risponde semplicemente con un monosillabo: "No".
Cefis, ex ufficiale dell'Accademia di Modena, non è uno che si fa dire due volte le cose. Capisce che la partita è chiusa, la grande avventura è arrivata alla sua ultima pagina. Si dimette dalla Montedison, si ritira a Lugano, e per la finanza italiana è come se fosse morto allora. Nessuno sentirà mai più parlare di lui.
Dopo aver respinto una scalata alla Montedison condotta dalla "sua" ENI e da Nino Rovelli, appoggiati da Giulio Andreotti, decise che era il momento di attuare quella strategia che egli rivelerà alcuni anni più tardi in una delle sue rare interviste: "Non si può fare industria senza l'aiuto della politica e un giornale può servire da moneta di scambio".


Cefis instaurò così un braccio di ferro con Gianni Agnelli, che non aveva nessun tipo di feeling con Fanfani ed era padrone de La Stampa di Torino, oltre ad essere nella proprietà del Corriere della Sera. Nel 1974 lo scontro ebbe come teatro la presidenza di Confindustria. L'Avvocato fece il nome del repubblicano Bruno Visentini, Cefis replicò con quello di Ernesto Cianci. Dopo un gioco di veti incrociati, alla fine si arrivò a un compromesso: Agnelli presidente e Cefis vicepresidente.
Secondo alcune voci della cultura italiana, Cefis avrebbe avuto tuttavia un ruolo oscuro nella morte di Enrico Mattei. Giorgio Steimetz (alias Corrado Ragozzino) lo descrisse come un nemico che tramava nell'ombra per ottenere la presidenza dell'ENI e neutralizzare la politica fortemente indipendente di Mattei: è la tesi espressa nel volume intitolato Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente, Agenzia Milano Informazioni, Milano 1972. Il libro di Steimetz fu subito ritirato dal mercato e da tutte le biblioteche italiane, sparendo completamente dalla circolazione. In questo senso, Cefis avrebbe agito come rappresentante di poteri che volevano ricondurre la politica energetica italiana in orbita atlantica, con un comportamento coerente con i dettami delle multinazionali angloamericane del petrolio.
L'intesa riguardò anche i giornali: Cefis ebbe via libera per Il Messaggero (il quotidiano più venduto di Roma), Agnelli ottenne che La Gazzetta del Popolo non desse più fastidio alla Stampa (infatti verrà chiusa nel giro di pochi anni) e in cambio acconsentì che la Rizzoli acquistasse il Corriere. A metà degli anni settanta il suo potere era enorme.
Nel 1977 Cefis lasciò improvvisamente la scena pubblica per ritirarsi a vita privata in Svizzera e gestire il suo patrimonio, stimato allora in cento miliardi di lire.
Nel ' 77 però Cefis lasciando Foro Buonaparte spiazzò tutti e lo stesso Cuccia, che ne rimase fortemente contrariato. «Mi ha lasciato solo come un birillo tra le bocce», disse e proseguì «caro dottor Cefis, pensavo che lei facesse il golpe e invece se ne è andato». Ma di che tipo di golpe parlasse il grande vecchio della finanza italiana non è affatto chiaro. Un golpe militare in senso stretto o più probabilmente un rovesciamento dei rapporti tra industria pubblica e privata, una sorta di commissariamento dell' establishment?


Le indagini di P.P. Pasolini

Pier Paolo Pasolini si interessò al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: ne fece uno dei due personaggi chiave, assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte. Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali.
In quello stesso periodo, sul Corriere della Sera, Pasolini denunciò apertamente la logica perversa della democrazia mantenuta a suon di stragi, nel famosissimo articolo "Io so", poi confluito negli Scritti Corsari. Poco dopo fu assassinato, in circostanze misteriose, all'Idroscalo. Ora, proprio sulla "pista Mattei'', l'indagine di Palermo su De Mauro incrocia quella della Procura di Roma sull'uccisione di Pasolini, affidata al pm Francesco Minisci che, proprio nei giorni scorsi, avrebbe scoperto il Dna di un terzo uomo tra le baracche di Ostia, dove il poeta fu pestato a morte al termine di quella che fino a oggi è stata definita una "lite tra froci".
Secondo autori recenti e secondo alcune ipotesi giudiziarie suffragate da vari elementi, fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso: cfr. ad es. il volume di Gianni D'Elia, Il petrolio delle stragi, Effigie, Milano 2006.
La Procura di Palermo scava sulle ragioni della morte di Pier Paolo Pasolini e sulle ossessioni del poeta che aveva individuato nell'uccisione del presidente dell'Eni Enrico Mattei, l'origine delle stragi di Stato. E avvia l'indagine interrogando un testimone eccellente: il senatore Marcello Dell'Utri, condannato a 7 anni per mafia e testimone, per una decina di minuti, dell'esistenza del misterioso capitolo "Lampi su Eni", le pagine scomparse del romanzo Petrolio, nel quale Pasolini raccontò la natura criminogena del potere economico-finanziario in Italia.
"Non so chi fosse: quell'uomo mi ha avvicinato in mezzo a una gran folla e mi ha mostrato il dattiloscritto - ha detto Dell'Utri - ma io l'ho sottovalutato e non ho avuto nemmeno il tempo di leggerlo". Dell'Utri è stato sentito (dopo che in alcune interviste aveva sostenuto che "Lampi su Eni" poteva aprire scenari inquietanti sul caso Mattei) nell'ambito della nuova indagine che i pm di Palermo hanno aperto sull'uccisione di Mauro De Mauro, il giornalista de L'Ora scomparso nel 1970 con il metodo della "lupara bianca", dopo che il boss Totò Riina, unico imputato nel processo per quel delitto, è stato assolto nel giugno scorso.
E aveva rivelato ad alcuni amici e ai familiari di essere in possesso di uno scoop clamoroso su quella vicenda. Anche Pasolini, così come De Mauro, era convinto che Mattei fosse stato assassinato: lo avrebbe ricostruito proprio nel capitolo scomparso, "Lampi sull'Eni'', come risulta da un appunto successivo ritrovato dai critici che hanno messo insieme i vari segmenti di Petrolio, opera incompiuta e pubblicata solo nel 1992 da Einaudi.
Pasolini, sia pure utilizzando degli pseudonimi e dunque camuffando la denuncia dietro l'artifizio letterario, attribuì a Eugenio Cefis, in quel periodo presidente della Montedison (sospettato di essere il plenipotenziario degli interessi atlantici in Italia), la responsabilità della morte di Mattei e spiegò la fine del presidente Mattei come il prologo della "strategia della tensione", ovvero il ricorso alla strage per mantenere gli equilibri politici interni e internazionali.
Per quel massacro, avvenuto nella notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975, è stato processato e condannato Pino Pelosi, ex ragazzo di borgata, all'epoca solo diciassettenne, quale unico responsabile del delitto. Ma i dubbi e gli interrogativi sulla presenza di altre persone e sulla natura "politica'' di quel delitto, non sono mai stati fugati.
Chi c'era, oltre a Pelosi e a Pasolini, quella sera, all'Idroscalo? Chi conserva, a più di 30 anni dal delitto, il capitolo "Lampi sull'Eni", e con quale scopo? Cosa aveva scoperto De Mauro della morte di Mattei? E cosa sa oggi Dell'Utri di quella denuncia in forma letteraria mai più ritrovata? Dalle novità emerse negli ultimi giorni dalle procure di Roma e di Palermo, ecco che elementi convergenti gettano un raggio di luce su due delitti mai risolti, iscrivendoli in un'unica trama sanguinosa e complessa, sullo sfondo di patti e ricatti che dalla Prima alla Seconda Repubblica attraversano la storia occulta del Paese.
L'uso illecito di apparati dello Stato a fini privati ed extraistituzionali raggiunge il massimo nel rapporto tra Cefis e i servizi segreti. Il presidente della Montedison assolda un vero e proprio servizio di informazioni con elementi appartenenti o appartenuti al SID, che preparano fascicoli e informative su uomini politici e imprenditori da utilizzare per manovre di ogni tipo. Il capo del SID del tempo, Miceli, era in ottimi rapporti con Cefis tanto da chiedergli, nel momento della sua incarcerazione, un contributo in denaro per alleviare le presunte cattive condizioni finanziarie. Ma l'asse principale con l'apparato del servizio segreto è stabilito con il generale Maletti, responsabile del servizio parallelo di intercettazioni e spionaggio realizzato per conto della Montedison con collegamenti anche con il comandante generale dei carabinieri, generale Enrico Mino.
Anche l'importanza del controllo della stampa al fine dell'esercizio del potere non sfugge a Cefis e al suo gruppo di »amici con in prima fila Gioacchino Albanese, Ugo Niutta e Umberto Ortolani.






Fondatore della loggia massonica P2?

In base a un appunto del Sismi rintracciato dal pm Vincenzo Calia nella sua inchiesta sulla morte di Mattei, la Loggia P2 sarebbe stata fondata in realtà da Cefis, che l'avrebbe diretta sino a quando fu presidente della Montedison; poi sarebbe subentrato il duo Umberto Ortolani-Licio Gelli.
Massimo Teodori: "Molto si è scritto della P2 e di Gelli ma la verità sulla loggia e sul suo impossessamento del potere nell'Italia d'oggi è stata tenuta nascosta. Contrariamente a quanto afferma la relazione Anselmi votata a maggioranza a conclusione dell'attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, la Loggia non è stata un'organizzazione per delinquere esterna ai partiti ma interna alla classe dirigente. La posta in gioco per la P2 è stata il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l'uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica."
Fenomeni simili a quello gelliano, ma non equivalenti, non sono però nuovi al »caso italiano . Basta ricordare quel che hanno rappresentato nel precedente ventennio Enrico Mattei e Michele Sindona, pur nella radicale diversità degli obiettivi perseguiti e degli strumenti adoperati. Anche Mattei, usando della posizione di capo dell'ENI, aveva costituito un suo sistema di potere che esercitava influenze e pressioni, stabiliva alleanze politiche, insomma svolgeva un ruolo di protagonista molto al di là della sfera naturale del grande imprenditore pubblico. Anche Sindona arrivò ad essere all'inizio degli anni '70 un grande protagonista, ma il suo regno era essenzialmente circoscritto alla dimensione finanziaria pur se attraverso di essa esercitò pressioni e stabilì stretti collegamenti con settori politici.
Tuttavia, il sistema di potere che prima della P2 è comparabile con il centro gelliano è quello organizzato e promosso da Eugenio Cefis, presidente dell'ENI nella seconda metà degli anni '60 e quindi alla testa della Montedison dal maggio 1971. A differenza di Gelli, Cefis usa la preminente posizione in campo economico e finanziario, delegatagli dai politici, per organizzare un centro di potere che si avvale in maniera sempre più aggressiva delle risorse del gruppo da lui gestito per annettere a sé uomini, gruppi e risorse nei diversi settori della vita nazionale.
Al culmine dell'espansione del suo potere, Cefis enuncia una sorta di proposta tecnocratico autoritaria, la cui ispirazione di fondo viene annunciata in un discorso non casualmente tenuto all'Accademia militare di Modena nel febbraio 1972.Il passaggio dal sistema Cefis al sistema Gelli non è tanto una questione di coincidenze di uomini, che pure si potrebbero indicare in abbondanza. Riguarda la funzione ormai permanente che le strutture volte all'organizzazione e gestione del potere esercitano nel sistema politico italiano. Entrambi i sistemi, quello cefisiano e quello gelliano, si possono insediare sopra e in vece del sistema politico grazie alla degenerazione istituzionale e democratica. Le lotte di potere nella DC disgregata avevano rappresentato il terreno propizio per Cefis. Dal canto suo Gelli, quando arriva al controllo dei servizi segreti, di buona parte della stampa e di un'importante porzione del sistema bancario e finanziario diviene allora arbitro influente anche nella politica e fra i politici.
Il sistema P2 si sviluppa nello stesso periodo in cui il sistema Cefis comincia a declinare come tale fino all'uscita di scena del suo organizzatore nel 1977. Sarebbe superficiale affermare che il nuovo sistema di potere prende piede perché il precedente tramonta oppure che la P2 eredita, in quanto tale, il sistema cefisiano. In un campo così complesso come quello dell'organizzazione del potere, nulla avviene automaticamente o per meccanica eredità. Certo è però che vi sono degli elementi di continuità tra il sistema cefisiano e quello gelliano e non pochi sono i punti di contatto fra le due fasi della vita politica italiana, nelle quali hanno avuto un peso rilevante dei raggruppamenti palesi occulti operanti nell'illegalità .
Emblematica è la vicenda Rizzoli »Corriere della Sera . E' Cefis che consente ai Rizzoli di comperare il quotidiano nel 1974 con la promessa di finanziamenti di molte decine di miliardi per il rilievo della quota e per la pubblicità. Ed è ancora Cefis che, non onorando nel 1976 gli impegni precedentemente assunti, costringe Rizzoli a ricorrere al credito di ambienti bancari piduisti. Anche per quel che riguarda i servizi segreti, le due vicende hanno singolari coincidenze e parallelismi. Cefis si serviva del SID di Maletti ed aveva stabilito una rete di rapporti e di alleanze che comprendeva il comandante generale dei carabinieri Mino e il capo della Guardia di Finanza Raffaele Giudice. Gli stessi personaggi si ritrovano insieme a Gelli che usa il SID prima, il SISMI e il SISDE di Santovito e Grassini poi, per commerciare in informazioni sugli affari nascosti del regime. Nell'orbita dell'uno e dell'altro si ritrovano personaggi militari e dei servizi segreti che pure all'interno dei loro apparati si combattevano aspramente.


Il 740 svizzero di Eugenio Cefis miliardo per miliardo

C’ eravamo dimenticati di lui. Del resto 16 anni di esilio hanno avuto il potere di far sparire dalle cronache il nome di Eugenio Cefis. Almeno fino a giovedi’ 22 aprile scorso, quando l’ ex presidente dell’ Eni e della Montedison e’ stato convocato a Palazzo di Giustizia a Milano. Ospite il magistrato Pierluigi Dell’ Osso che l’ ha interrogato per undici ore, ripercorrendo la storia dell’ ente petrolifero dal 1950 al 1971. Dobbiamo sincera gratitudine a quel giudice, ha commentato Alberto Statera sulla Stampa, perche’ l’ esilio di Cefis  l' esilio di Cefis "e' uno di quei misteri della nostra storia contemporanea che forse, rivisitati tre lustri dopo, possono finalmente trovare una loro autentica chiave di lettura". E cosi' tra i tanti punti interrogativi che il ritorno dell' uomo che ispiro' Razza padrona ha riproposto c' e' anche quello che ha appassionato due generazioni di cronisti finanziari: a quanto ammonta la sua ricchezza? Del resto allorche' decise di lasciare il Bel Paese si disse che Cefis avesse portato con se' un centinaio di miliardi, ma di piu' non si seppe. Stavolta pero' il cronista non si e' arreso ed e' riuscito a far luce almeno su una tessera di quel mistero. La "prova" e' riprodotta qui accanto ed e' la dichiarazione dei redditi 1992, presentata da Cefis congiuntamente alla moglie Marcella Righi nel Comune di residenza, Zurigo. Sia chiaro: tutti sanno che un uomo dell' abilita' finanziaria di Razza Padrona conosce a menadito l' abc dei paradisi fiscali, ma se e' vero che ogni lunga marcia comincia con un piccolo passo bisogna pure accettare che un' indagine possa cominciare con un certificato (ufficiale) dei redditi. Quanto hanno guadagnato i coniugi Cefis Righi nel ' 92? La rendita annuale, in tedesco reineinkommen, e' stata pari a 1.123.300 franchi svizzeri che tradotti in lirette fanno all' incirca 1,2 miliardi. Due terzi di questo reddito e' stato prodotto nel cantone di Zurigo (827 mila franchi) e un terzo nel resto della confederazione. Nel ' 91 le cose erano andate meno bene: la coppia Cefis Righi aveva incamerato solo 556 mila franchi svizzeri. Piu' interessante e' la consultazione della voce reinvermogen, che sta per patrimonio. L' ex presidente della Montedison denuncia (per il ' 92) 34,7 milioni di franchi, all' incirca 36 miliardi di lire. Fin qui la Svizzera. Ma un' altra consistente fetta di beni e' in Canada. Nel Paese dell' acero lavora il fratello Alberto che gestisce ingenti interessi immobiliari. Ingenti quanto? La risposta, quando si parla dei Cefis, e' sempre la stessa: nell' ordine delle centinaia di miliardi.