venerdì 15 marzo 2013

GUIDO GIANNETTINI




Guido Giannettini

(Taranto, 22 agosto 1930 – 6 luglio 2002) è stato un giornalista, agente segreto e attivista italiano, di estrema destra, il cui nome è legato alle indagini su piazza Fontana.


Attivismo politico

Giannettini collaborò ai giornali Il Roma, Il Giornale d'Italia e Il Secolo d'Italia, così come a L'Italiano, diretto da Pino Romualdi (MSI).
Nei primi anni Cinquanta a Napoli aderisce al Raggruppamento giovanile missino e alla Giovane Italia, nel ’58 dà vita con altri al Movimento nazionale italiano, esperienza che si esaurisce nel giro di pochi anni.
Fu attivo nella rete di supporto dell'Oas francese e nel 1961 fu arrestato a Madrid insieme a Pierre Lagaillarde.
Nel 1962 gli americani lo invitano alla Scuola della marina militare degli Stati uniti, ad Annapolis, perché vi tenga un corso di tre giorni sul tema "Tecniche e possibilità di un colpo di Stato in Europa". 
E' uno specialista dei metodi di controguerriglia per fronteggiare insurrezioni e guerre rivoluzionarie. 
Nel 1963-64 iniziò a scrivere per la Rivista Militare, organo ufficiale dell'Esercito Italiano e ha partecipato a varie riunioni NATO.
In data 3-5 maggio 1965 partecipò a Roma (albergo Parco dei Principi), ad un convegno sulla "guerra rivoluzionaria", organizzato dall'istituto Alberto Pollio e "quasi esclusivamente finanziato dal Sifar", agenzia di spionaggio militare. Giannettini presentò in quell'occasione una delle più importanti relazioni di quel convegno. Secondo René Monzat, "questo colloquio pose le basi per delineare il profilo teorico della strategia della tensione."
A seguito di questo incontro, al quale parteciparono circa 20 studenti (tra cui Stefano Delle Chiaie e Mario Michele Merlino), Giannettini e altri partecipanti furono assunti dai servizi segreti italiani. Nel 1966, Giannettini pubblicò con Pino Rauti "Le Mani Rosse Sulle Forze Armate", un pamphlet rivolto contro il generale Giovanni De Lorenzo, che trovava il suo humus nella lotta intestina in corso tra i vertici dei servizi segreti; commissionato dal generale Giuseppe Ajola, capo di stato maggiore dell’esercito.
Nel mese di aprile del 1968, partecipò ad un viaggio in Grecia insieme a 60 studenti della "Lega degli studenti greci fascisti in Italia" e a 51 studenti italiani neo-fascisti, organizzato dalla giunta militare greca . Secondo Frédéric Laurent, autore di “L'Orchestra Nera” (p.75), "più della metà degli italiani (...) tornati da Atene si convertirono improvvisamente all'anarchismo, alla sinistra o al comunismo, preferibilmente filo-cinese".
Nel 1969, accompagnò una delegazione di militari italiani in Germania Ovest per preparare l'acquisto di carri armati Leopard. Secondo l'opuscolo svizzero, fatto dagli stessi amici di Giannettini, egli era un importante agente del Sifar e successivamente del SID ("Agente Z"). 
Durante un'audizione in Commissione parlamentare sul terrorismo (guidata dal senatore Giovanni Pellegrino), l'allora ministro della Difesa italiano riconobbe ufficialmente che Giannettini era stato nei libri paga dei servizi segreti italiani. Franco Freda, il quale fu assolto nel processo relativo all'attentato del 1969 di piazza Fontana, ha dimostrato pubblicamente stima e fiducia nei confronti di Giannettini.
Secondo il magistrato Guido Salvini, responsabile delle indagini relative all'attentato di piazza Fontana del 1969, “Guido Giannettini ha anche avuto contatti con Yves Guérin-Sérac in Portogallo, fin dal 1964".

Guido Giannettini con Franco Freda

L'agente Zeta 

Giannettini, per il suo ruolo di giornalista, fu reclutato dal SID nel 1965. Nel maggio 1969 questi aveva inviato un rapporto al servizio in cui avvisava "che erano in preparazione attentati in luoghi chiusi" Il nome di Guido Giannettini, in connessione con l'attentato di Piazza Fontana del dicembre 1969, viene associato a quello di Agente Zeta.
Entra nell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969) perché chiamato in causa prima da Giovanni Ventura, che dice di avergli passato informazioni su Franco Freda da trasmettere al Sid, poi da un amico di Freda, Marco Pozzan, secondo il quale anche Giannettini era presente a una riunione tenuta a Padova il 18 aprile 1969 in cui la cellula nera veneta aveva deciso di pianificare una serie di attentati. Il 9 aprile 1973 fugge all’estero con l’aiuto del Sid, il 15 maggio riceve un avviso di garanzia, in giugno sfugge a un attentato a Parigi, il 3 settembre è indiziato per la strage di piazza Fontana. Il 20 giugno 1974 Andreotti, ministro della Difesa, rivela in un’intervista che è un agente del Sid. «Due mesi dopo, “bruciato” da questa autorevole ammissione, l’agente Zeta si costituisce all’ambasciata italiana di Buenos Aires. Meglio il carcere in Italia e farsi ammazzare». [Baldoni-Provvisionato 2009]
Nel Natale del 1971, in una cassetta di sicurezza della Banca Popolare di Montebelluna, cointestatata alla madre e alla zia di Giovanni Ventura, vengono rinvenuti documenti di sicura provenienza dei servizi segreti italiani.
Uno tra i documenti reca la sigla KSD/VI M ed il numero progressivo 0281. Giovanni Ventura confiderà nel marzo 1973 al giudice D'Ambrosio di essere entrato in contatto con tale Guido Giannettini (alias Agente Zeta, alias Adriano Corso), autore delle veline che lui conservava nella cassetta di sicurezza. Il contatto avviene in occasione di un incontro a tre, del 1967, tra lui, il Giannettini e un'agente del controspionaggio rumeno.
A maggio, quando la magistratura milanese ordinerà la perquisizione dell'abitazione di Guido Giannettini e in quell'occasione la polizia troverà documenti identici a quelli rinvenuti nella cassetta di sicurezza della banca. Si tratta infatti di documenti che possono essere definiti gli archetipi dei documenti in possesso di Ventura.
Il documento rinvenuto nella casa di Giannettini reca la stessa sigla del documento di cui sopra (KSD/VI M) ed il numero progressivo immediatamente successivo 0282.
L'agente Zeta però, il 9 aprile, era stato fatto fuggire a Parigi dal capitano Antonio Labruna, dell'ufficio D del SID.
Il SID, interpellato nuovamente e incalzato dagli eventi, il 12 luglio 1973, dichiarerà per voce del generale Vito Miceli (comandante del servizio dal 1970) che erano "notizie da considerarsi segreto militare" e "non possono essere rese note".
Nel gennaio 1974 fu emesso mandato di cattura nei suoi confronti ma ancora nell'aprile Labruna incontrò per l'ultima volta Giannettini a Parigi per rifornirlo di denaro. Il 14 agosto 1974 si costituì al consolato italiano di Buenos Aires
Condannato in primo grado all’ergastolo per strage al processo di Catanzaro (23 febbraio 1979), viene poi assolto in appello (20 marzo 1981).




Di nuovo libero, riceve aiuto solo dall’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, che lo fa lavorare nella sua casa editrice e per i suoi giornali locali. «Negli ultimi tempi la sua collaborazione si ridurrà alla stesura di qualche pezzo su ricette di cucina». Vive «gli ultimi anni della sua esistenza in miseria a Roma, in un edificio delle case popolari nella borgata Fidene, ammalato gravemente, reso cieco dal diabete, ignorato dai suoi vecchi “amici”. (...) La sua scomparsa passa volutamente sotto silenzio. Quattro le persone che lo accompagnano mestamente al cimitero. Tra queste una sua amica, la saggista Mary Pace, che lo ha seguito negli ultimi anni della sua esistenza e recentemente ha scritto un libro su di lui (Piazza Fontana. L’inchiesta: parla Giannettini)». [Baldoni-Provvisionato 2009]








DOCUMENTI




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